Sensibilità triviale
Ho sentito individui ridere della mia poesia , canzonarmi con gli amici. Finti affranti della scena . Ma non hanno riso di me, ignari burattini, hanno fatto sì che l’arte gli muoia tra le mani , che da essi non nasca più un soffio d’amore e non cresca più un filo d’erba al loro passaggio. Tanti Attila con spada e scudo , tante megere dai denti aguzzi inneggiano all’ignoranza becera del nulla fumato su un balcone o bevuto in un bar da strapazzo, giocato alle carte che mai passano, ché le carte son bastarde e non conoscono il rimorso. Ma arriva il momento dello scotto , del rimpianto stipato in fondo al cuore , lustrato e tirato fuori per l’occasione , quando è troppo tardi per tutto , ché ormai il fiore è secco come terra arida e non basta più il vino a dargli vita. Allora c’è il pentimento , il pianto silenzioso , il vuoto che penetra e non lascia respiro. L’arte non assapora la vendetta , ma il dolore della gente che un tempo la irrideva non cancella le parole né sbiadisce il colore sulla tela. Se avete un’anima , non giocatevela al bancone , andate lontano invece , oltre il muro della derisione.