Utàcan relùz Ùzenda comìr

Il tuo respiro sa di tregenda mentre nascondi gli occhi agli occhi della Geenna, nelle pance colme d’odio. Messo il carro davanti ai buoi ti ricomponi in fretta, uccidi a colpi di sciagura, i capelli scarmigliati e ridai in fretta un tono, alla miseria dei tuoi giorni. Un tono sempre sulle righe ch’è cura-assenza di pietà, prefica di zolfo nella canna, nell’occhiello, nel tubero per cena, quando piatti piangono vuoto carsico e galleggiano ossi gialli col midollo in bocche d’asine melene, ch’a guardarle viene il vomito. Un’odissea di sassi, mentre suona il corno d’Ecate, mente e sbrana la paura dell’ignoto mentitore. 

L'immagine del post è un'opera di Alessandra Sessa.

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