Fate l'appello creature alate (La città di Kitež di Valeria Rossella per Nino Aragno Editore)
È certamente motivo di grande
appagamento quando, tra le tante metastasi poetiche che l’editoria odierna ci
propina senza alcun ritegno, si ha la fortuna di incontrare una raccolta di
versi come La città di Kitež, (Nino Aragno
Editore, 2012) di Valeria Rossella, studiosa di lingua e letteratura polacca
(la Rossella, autrice di diverse pubblicazioni e collaboratrice di varie
riviste culturali, tra l’altro, è stata curatrice di La fodera del mondo, antologia riguardante la poesia di Czeslaw
Milos, per la Fondazione Piazzolla, nonché di Trattato poetico, Adelphi). Un versificare sapiente, elegante e
potente che, partendo dalla fascinosità del titolo – richiamante la leggenda
russa di una città sita sulle sponde di un lago che per sottrarsi all’invasione
dei Tartari era diventata invisibile, mostrandosi soltanto come immagine
rovesciata nell’acqua – irradia di infinito le parole delle liriche e le menti
dei lettori: “Fate l’appello creature alate / fatelo col vostro canto segreto /
perché nessuno nel colombario del tempo / sia dimenticato” (Pupilla che rifletti ma non vedi).
L’autrice sembra possedere le chiavi che aprono illimitate porte di altrettante
città, ma anche di laghi, cieli, stanze – ovvero luoghi dell’immaginario e del
reale – e conoscere la lingua degli uccelli, dei piccoli animali e, quand’anche
non ne afferri del tutto il senso, ne avverte l’esistenza, ne intuisce la
grandiosità celata dietro l’apparente esiguità. La stessa lingua che forse
parlano gli amanti, le persone che vogliono (desiderano con anima e corpo!) e
si vogliono bene e che è non inutile inseguire, anche dove non si vuol
mostrare, perché il senso vero della ricerca è nell’atto stesso del cercare.
Non mancano all’interno della raccolta note ironiche e deliziosamente surreali,
vale la pena riportare integralmente i versi della lirica La mia anima, fascina di elettroni, non è in frequenza radio: “La
mia anima, fascina di elettroni, non è in /
frequenza radio. / Nessuna antenna la potrà captare. Indagare / nessuna
màntica d’amore. / Rotola / fra l’immondizia per le strade, come un secco /
bozzolo di efemera che vive / anni nell’acqua, insetto poche ore. / Non è on
line. / Lente di microscopio non la potrà scrutare, scovare / nessuna tecnica
di bird-watching”. E poi, immediatamente dopo, sopraggiunge, con tutta la sua
forza devastante, l’afflato lirico dell’autrice: “Mie figurine focomeliche,
mostratevi. Ombrine / e ghiozzi nel gran mare dell’essere / non più declinato,
risalite il flutto nella vostra / forma bidimensionale, / senza profondità,
senza dolore” (Abbecedario 2003).
Esempio di rara profondità
espressiva, la poesia della Rossella trasporta lontano il lettore e lo invita da un lato a intraprendere un
viaggio verso mondi sospesi e rarefatti, dall’altro a tenere vivo quel senso
della realtà e della coscienza che oggigiorno sembra essere latitante:
“Cancelliamo le rughe con le apposite creme / ma la corruzione della carne è
maestra / d’un maquillage indelebile” (La
moda della spiaggia). È evidente come la sintesi tra poesia come trasporto
emotivo e percezione vivida del reale trovi in questo libro la sua piena ragion
d’essere, senza nessuna vera contraddizione. Un’opera di grande spessore
poetico, completa sotto ogni punto di vista: la poesia italiana del nuovo
millennio può ancora ben sperare.
Articolo pubblicato sul numero di martedì 13 novembre 2012 del quotidiano "Il Paese Nuovo".