In bilico tra reale e sogno - INCIPIO di Rosemily Paticchio (Edizioni L'Arca Felice)



Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di ritrovarmi tra le mani un libello di liriche – o quaderno poetico che dir si voglia – che mi ha emozionato fin dai primi versi. Si tratta di Incipio di Rosemily Paticchio, Edizioni L’Arca Felice, Collana di arte-poesia Coincidenze a cura di Mario Fresa. Libretto impreziosito dalle foto di Rossella Venezia, giovane artista materana, salentina d’adozione.
I versi di Incipio sembrano sospesi tra due mondi, quello del reale e quello del sogno, all’apparenza distanti ma pur tuttavia intersecantisi, dove una struttura substanziale spazio-temporale appare permeata da movimenti caotici primordiali e smaniosi, ma, al contempo, avvolti da misteriosi ed eleganti afflati neoromantici. Così la dirompente visionarietà dei versi di quello che appare un a-titolato prologo ad un viaggio ricco di affascini sibillini: “Prima di tutto era un nome / senza nome / l’impronunciabile antimateria / che declinò in polvere / autografata da uno zero”. Da lì, da quell’antitesi forse inconciliabile tra materia e antimateria, tra forma stanziante e instabile metamorfismo, sembra prendere le mosse l’universo poetico della Paticchio, un mondo danzante al ritmo di passi esagitati, aprenti orizzonti percettivo-sensoriali che a tratti mi hanno riportato alla mente gli itinerari culturali psicomagici di Aldous Huxley. Suggestioni ataviche dunque, che affondano le proprie radici in un numero primitivo, dai richiami pitagorici. Un termine-grandezza ricco di echi metafisici, che s’accompagna alla figurazione geometrica di un vago infinito (la criptica figura della spirale, ad esempio, tornerà più volte in questo scritto) che fa proprio dell’indefinitezza la sua forza trascinante, l’impulso al moto perpetuo: “Sorge eterno e complanare all’altro / l’incolmabile Spazio a Spirale / scavato nel tunnel di un ipotetico viaggio / mentre intorno è pieno di ordigni / pronti all’implosione […]”, Spazi segreti. Ecco dunque che l’incolmabile, la non-misura, fa la sua comparsa assieme al termine-misura, dotando il verso di un potere evocativo che non si conclude con un estetismo figurale fine a se stesso, ma diventa tema predittivo, parola nella parola. E compare anche l’ossimoro logico, l’ordigno che non esplode ma implode, sovvertendo ulteriormente un ordine micro e macro-cosmico che pulsa con tutto il suo nervosismo osmotico. Si ha l’impressione che la poesia della Paticchio oltrepassi i confini dell’antitetica dimensione dionisiaco-apollinea, per arrivare ad una nuova commistione versificante che, oltre a sedurre cuore e mente, arriva direttamente all’inconscio, aggirando le barriere della resistenza raziocinante. Sì, la poesia vera, quella che conduce ad uno stato simile alla trance, arriva dove nessun altra cosa può arrivare; costruisce mondi altrettanto reali quanto quello immanente: “Guarda l’occhio del fossile alla sua creazione / di verde alleanza con i palmi gemelli / di confluenza nei luoghi fraterni / un volto facilmente collassa sugli scogli / ma non le mani legate alla calce / che tastarono la primitiva ghiaia / non le conchiglie bianche / testimoni dell’affilata gigantesca / spiaggia su cui poggiai il primo braccio […]”, Nympaea.
Incipio dà vita a un’infinità di strutture simmetriche e asimmetriche che coesistono insieme, spesso in lotta, non di rado pacificate; e questa infinità indeterminata, non rinchiudibile in gabbie di pensiero precostituite, dona attimi di sensuale contrasto: “[…] che nel filtro di luce / ovattato d’abisso / scuote l’essere […]”, Bene acquatico. Una lotta non distruttiva ma rigenerativa esce dunque allo scoperto dalla raccolta di Rosemily Paticchio; un conflitto generatore, il primitivo Polemos posto al di là del bene e del male; la voce incipiente che modella mondi, e che riconsegna alla parola il suo antico potere plasmante. 

Articolo pubblicato sul numero del 27 febbraio 2013 del quotidiano "Il Paese Nuovo"


    

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