Su IN ORDINE SPERSO di Vito Antonio Conte (Luca Pensa Editore)
Nota su In ordine sperso di Vito Antonio Conte, Luca Pensa Editore, pubblicato su SPAGINE Periodico Culturale dell'Associazione Fondo Verri, curato da
Mauro Marino.
Ci sono
alcune cose che hanno un dono particolare: quello di suscitare emozioni
immediate, dirette e forti. Talmente forti da costringerti a sentirle
profondamente e poi a scriverne. È il caso della Poesia (sì, uso la P
maiuscola) di Vito Antonio Conte. Autore che ritorna, seppur di soppiatto o,
come lui stesso dice, clandestinamente, con una nuova silloge (editata in sole
53 copie tutte numerate e autografate), In
ordine sperso – In origine: silloge del quando in ordine sparso(la poesia dove
non c’è), Luca Pensa Editore, 2013. Una raccolta in cui il “quando”
giganteggia, un quando che può essere inteso (a mio modesto avviso) come il
“tempo che fu” (e che più non è), ma anche e soprattutto come il “tempo che è”,
con una strizzatina d’occhio al “tempo che sarà”. Sì, il tempo in tutte le sue
declinazioni, ma non solo, direi la vita nelle sue tante declinazioni, a
cominciare dall’apparire che si
contrappone all’essere: «quando sotto
il costume da bagno / i ragazzi non indossavano / stupidi boxer (esibendo
l’elastico griffato)» (p. 10), passando per una realtà accaduta (o pensata) che
sarebbe bello poter conservare, ma non per mero sospiro nostalgico, bensì come
esempio (ho detto esempio? sì, l’ho detto!) meritevole del vissuto: «quando
lungi d’ogni schermo / bastava essere con due amici / aprire una bottiglia di
vino e / senza neanche dire: ciak si gira / il film della vita partiva» (p.
14). Difficile non lasciarsi coinvolgere passionalmente da queste liriche che
vanno al sodo, senza inutili orpelli. Ed è difficile non lasciarsi tentare di
riportarne tante, troppe, tutte. Non lo farò soltanto perché non voglio
togliere al lettore – al fortunato lettore che avrà tra le mani una delle
cinquantatré copie pubblicate (sì, ricordiamolo ‘sto fatto che le copie sono
limitate! Vito, accidenti!) – il piacere di scoprire da sé il gusto di
immergersi in questi versi taglienti come lame e sinceri, maledettamente
sinceri. Chi è a parlare, poeta? L’amico burbero dal cuore buono? Quello che ti
dirà sempre, in faccia, come stanno le cose? Quello che ad una menzogna
edulcorata preferisce la verità, anche se cruda? Sì, leggendo questi versi si
ha l’impressione di potersi fidare, e di potersi affidare con animo sereno
– pur nella grande tensione emotiva che
le parole di Conte creano – alla vita: «quando poi dopo tutti i dopo / sai che
finalmente / d’ogni sottrazione resta / l’unico segno più / che importa
davvero» (p. 17). Il “quando” del poeta si materializza e si smaterializza per
poi materializzarsi di nuovo, in un continuo susseguirsi di atti e azioni
(Carmelo, oh Carmelo, scusa il furto!) che non lasciano spazio a momenti morti,
perché la vita, ripetiamolo, scorre in questa silloge come sangue vivo,
arrivando in ogni dove: «quando se l’avessi saputo prima / non ha senso (nessun
senso) / ché tanto lo sai sempre / quando non serve a niente / e se l’avessi
saputo / non avresti vissuto» (p. 18). Molto ci sarebbe ancora da dire e non lo
dirò, perché credo sia bello lasciare luoghi vuoti da riempire con la diretta
lettura di queste liriche; tuttavia voglio congedarmi da questa nuova
incursione nel mondo poetico di Vito Antonio Conte con una lirica che de-scrive
e ri-scrive l’agonizzante situazione letteraria e, più in generale, culturale
del nostro Sud, Salento in primis: «quando questo lembo di Sud letterario / era
monopolio di pochi insulsi personaggi / (ego e arroganza non sono ancora
finiti)» (p. 43). Occorre aggiungere altro?
Info: www.