Luca Benvenga su Mangialibri per CANI ACERBI di Gianluca Conte (Musicaos:ed)
Care amiche, cari amici, di seguito un bel pezzo di Luca Benvenga su Mangialibri per Cani acerbi di Gianluca Conte. Buona lettura.
Lu Gurgu è una contrada di case sparse e terreni coltivati, in cui
dimorano “sotto pittoreschi ombrelloni” le prostitute dei campi. Poco
più in là, in una seconda contrada, quella di Fiumenero, una remota
periferia del paesino di Scorcia, per dar cittadinanza a chi fornisce
assistenzialismo per i contadini e le altre classi sociali della zona è
stato asfaltato un parcheggio con l’obiettivo di ospitare altre donne
che vendono i loro corpi. Queste ultime, a differenza delle prime,
ospitano nei loro anfratti anche avvocati ingellati, uomini d’affari con
i SUV, gente di lusso. Alessio Delmale, contadino e proprietario
terriero, è un individuo che conosce la realtà che lo circonda, perché
vive e lavora “a due passi dalle zoccole”. È un uomo che maneggia soldi e
cultura, condizione sociale che restituisce rispettabilità e osservanza
nel paesino. Un contadino proprietario di un’azienda agricola,
comunista e lettore de “l’Unità”; uno che, come afferma lui stesso, a
differenza degli imprenditori della sua zona, non vota Berlusconi e ama
tenersi informato...
“Le puttane dei campi. Nigeriane toccasana. Passatempo preferito dei contadini della zona, che tra un colpo di sarchia e una rastrellata, vanno a inzuppare il biscotto”. Già dalle prime pennellate del romanzo, l’autore di Cani acerbi si serve di periodi semplici, non disdegnando circonlocuzioni e paratassi ritmiche. Narra uno scenario quotidiano fatto di sesso mercenario, silenzi, forme di socialità interclassista (prostitute con clienti della medio-alta borghesia di provincia) e politiche di sollievo dei corpi. Emerge, con l’utilizzo di un linguaggio semplice, una narrazione riflessiva ed emozionale per chi conosce, anche sommariamente, la realtà di cui Conte parla, lontano da costrizioni propagandistiche e versioni di facciata. Uno scenario bulimico, provincialista e catramato, fatto di gigioni, miserabili e masnadieri, e uomini di dignità nei quali dimora ancora quel briciolo di civiltà.
“Le puttane dei campi. Nigeriane toccasana. Passatempo preferito dei contadini della zona, che tra un colpo di sarchia e una rastrellata, vanno a inzuppare il biscotto”. Già dalle prime pennellate del romanzo, l’autore di Cani acerbi si serve di periodi semplici, non disdegnando circonlocuzioni e paratassi ritmiche. Narra uno scenario quotidiano fatto di sesso mercenario, silenzi, forme di socialità interclassista (prostitute con clienti della medio-alta borghesia di provincia) e politiche di sollievo dei corpi. Emerge, con l’utilizzo di un linguaggio semplice, una narrazione riflessiva ed emozionale per chi conosce, anche sommariamente, la realtà di cui Conte parla, lontano da costrizioni propagandistiche e versioni di facciata. Uno scenario bulimico, provincialista e catramato, fatto di gigioni, miserabili e masnadieri, e uomini di dignità nei quali dimora ancora quel briciolo di civiltà.
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