PAESE 7.IT, Rossella Tarquinio intervista Gianluca Conte
Il sorriso di Ahmed per il blog di Inchiostro di Puglia
Un venditore ambulante venuto da
lontano e il suo collega italiano: di Galugnano Gianluca Conte sceglie
di descrivere la delicata storia di un’amicizia che ha tutto il sapore
dell’integrazione fra culture diverse, possibile là dove si comprende la
ricchezza dell’incontro e si apre il cuore a chi viene da lontano.
Gianluca Conte ha regalato qualche settimana fa ai lettori di
Inchiostro Di Puglia il dolce sorriso di Ahmed, venuto a riscaldare
ancor di più l’assolata piazza salentina di Galugnano e l’esistenza di
Mario Luzzi, voce narrante del racconto. Perchè il Sud è terra di
incontri, di scambi, di contaminazione, come del resto lo è anche il
blog stesso che da mesi, ormai, ha abituato i suoi lettori a
confrontarsi con diverse realtà, usi, tradizioni e costumi: “Mi piace
pensare al blog “Inchiostro di Puglia” come a un porto di mare, un
crocevia o una piazza – sottolinea anche l’autore - un luogo d’incontro e
contaminazione, dove autori e lettori intrecciano le loro storie,
confrontando le proprie esperienze con quelle altrui. Una Puglia a
tratti conosciuta a tratti inedita, ma mai scontata, esce fuori dalle
pagine di IDP.» Per Gianluca quella del blog è davvero una bella storia che testimonia di un grande fermento:«
molti degli autori presenti, infatti, hanno pubblicato con case
editrici di tutta l’Italia, e anche pugliesi. Ad esempio il mio romanzo,
“Cani acerbi”, è uscito con musicaos:ed. In mia compagnia ci sono
autori pugliesi e non, a mio parere tutti molto interessanti, come
Angela Leucci, Roberta Pilar Jarussi, Simone Cutri, Davide Morgagni,
Luciano Pagano, per fare solo alcuni nomi.»
Di nomi, con il racconto di Luca Conte,
ne abbiamo imparato uno che difficilmente dimenticheremo: Ahmed, il
venditore ambulante di vestiti. Ahmed, il bambino arrivato in Salento a
soli dieci anni per cercare fortuna. Ahmed, lo straniero “che a
Galugnano sta simpatico a molti”. Ahmed che ricorda a tutti che
l’immigrazione si deve accompagnare all’integrazione anche se, ammette
lo stesso Gianluca Conte, siamo ben lontani dal raggiungere questo
obiettivo, nonostante la presenza di realtà più favorevoli
all’accoglienza: «Non credo ci sia una vera e propria
“mappa dell’integrazione”, penso piuttosto vi siano delle realtà
particolarmente sensibili all’accoglienza del cosiddetto “straniero”.
Certamente, l’atavica paura dell’ignoto, al giorno d’oggi eccitata da
fazioni politiche che tentano di cavalcare lo scontento della gente a
scapito dei più deboli (un capro espiatorio torna sempre utile e
l’immigrato ne rappresenta uno ideale!), appare la carta da giocare
quando i programmi politici latitano. Il mio piccolo paese, come tanti
altri, si muove lentamente: qui la paura dello straniero non tocca
picchi isterici come al Nord, ma l’idea balzana e subdola che la colpa
di ciò che di brutto succede sia del “diverso”, serpeggia anche da noi.
Non è facile venire a contatto con realtà così diverse dalle nostre, ma
il Salento è per tradizione una terra di migranti. Qui molti popoli, nel
corso della storia, si sono scontrati e incontrati; qui la cultura è
una cultura plurale: mi riesce naturale parlare del Salento come di un
territorio più propenso all’accoglienza rispetto ad altri. Abbiamo
radici miste e sangue misto nelle vene.»
L’integrazione porta con sé anche
tanta ricchezza, condensata in quel “Ciao amico, come sta oggi il
cuore”, che Ahmed rivolge al suo amico e collega venditore e che è,
assicura l’autore, «Un saluto e una domanda insieme. Un modo per
esprimere, in poche parole, tutta una filosofia di vita. Credo che la
ricchezza di chi viene da lontano (e porta con sé una grande cultura)
risieda in un’umanità che per certi versi è rimasta integra, vera, non
contaminata dalle nostre grasse quanto superflue paturnie di uomini
afflitti dal benessere, pur in questo periodo di profonda crisi
economica (e di valori). Vorrei azzardare: noi occidentali siamo
diventati molto superficiali negli ultimi anni. Tentare di spiegare i
motivi di questa “tendenza a implodere” nelle poche righe di
un’intervista sarebbe davvero troppo pretenzioso. Dico soltanto che
quando la semplicità dell’avere poco fa nascere un sorriso anche
nell’indigenza, tutto tende a illuminarsi di una luce diversa.
D’altronde, come a suo tempo aveva sottolineato Pasolini: «I beni
superflui rendono superflua la vita». Se qualcuno adesso mi chiedesse
“Come sta oggi il cuore?”, gli risponderei: benissimo. Il mio cuore sta
benissimo, anche quando piange per le violenze, le guerre, i soprusi.»
Fonte: Paese7.it
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