L'ULTIMA BAMBINA D'EUROPA di Francesco Aloe (Alter Ego Edizioni)





L’ultima bambina d’Europa di Francesco Aloe (Alter Ego Edizioni)







«I loro passi e il loro respiro riecheggiavano nel vuoto della campagna. Cascine abbandonate da tempo emergevano timidamente dalla nebbia come mendicanti pronte a offrire la loro miseria. L’uomo entrava in ognuna di esse, si guardava intorno trattenendo il respiro, furtivo. Poche volte trovava qualcosa di utile: un coltello, una coperta, del cibo in scatola. Spesso trovava cadaveri».





Un romanzo distopico, a tratti crudo, che mira al sodo e si presenta libero da fronzoli e imbelletti. Con un linguaggio sobrio, volutamente scarno ma chirurgicamente preciso, Francesco Aloe ci regala un’opera a tutto tondo, L’ultima bambina d’Europa, Alter Ego, Collana Specchi, 2017, i cui protagonisti, provati da mille vicissitudini eppure capaci di essere resistenti alle avversità e, cosa più importante, di restare umani, appaiono incredibilmente veraci. In un futuro che pensiamo non troppo lontano, una catastrofe climatica (dietro la quale non è comunque difficile individuare le responsabilità dell’uomo) ha reso l’esistenza umana qualcosa di provvisorio e ai limiti del sopportabile. In questo scenario apocalittico, freddo, grigiastro, dove una nuova barbarie ha lasciato il posto alla civiltà, una famiglia si muove alla ricerca di una terra promessa. L’eterno motivo del migrante, che sfida la sorte in nome di una migliore ventura, ritorna in questo bel libro, tuttavia rovesciando le rotte geografiche e geo-umane: nelle pagine di Aloe i pellegrini viaggiano da Nord a Sud, destabilizzando completamente una normalità – quella che vuole i migranti raggiungere l’Occidente dall’Est e dal Sud del mondo – che di normale non ha nulla. Non è difficile immedesimarsi in questi personaggi, e non solo per una certa forma di solidarietà di cui tutti (?) siamo capaci davanti all’altrui dolore, ma anche per via delle profonde riflessioni e degli interrogativi (non è forse la capacità di suscitare domande una delle qualità più alte di un’opera d’arte?) che nascono dalla lettura de L’ultima bambina d’Europa, tra cui, richiamando Jonas, quelli legati al “principio responsabilità”: Come è stato possibile tutto questo? Si poteva evitare? Di chi la colpa? Domande imbarazzanti, le cui risposte hanno un prezzo altissimo in coscienza e autocritica. Ma se rispondere univocamente a tali interrogativi è pressoché impossibile, si può invece tentare una lettura a più superfici del romanzo, individuando oltre all’odissea dei protagonisti e alla tirannia dei disvalori originati e pasciuti in un mondo ormai ostile, il desiderio necessario di guardare al futuro. Una possibilità che forse a molti potrà sembrare vacua, ma che i nostri hanno deciso di perseguire a costo della vita. Una vita che vale la pena di essere vissuta solo a patto di essere liberi, non solo politicamente ma anche ontologicamente. Forza e debolezza, amore e odio, vittoria e sconfitta: una commistione ossimorica che pungola il lettore e lo tiene – cosa rara di questi tempi – attaccato alla pagina. Se nelle intenzioni dell’autore vi era il desiderio (bisogno?) di svegliarci dal torpore, credo vi sia riuscito in pieno, usando una trama apparentemente semplice ma in realtà complessa e, soprattutto, dei dialoghi minimali che stringono il cuore in una morsa e pur tuttavia regalano speranza. Un altro aspetto che colpisce molto è quello della “cura”, intesa come prendersi cura dell’altro, in particolare, nel libro in questione, dei bambini, gli esseri più preziosi dell’universo. Sembra questa un’eredità arcana, primitiva (nel senso di connaturata all’uomo e all’esistenza): nei momenti bui, dove le tenebre hanno preso il posto della ragione e dell’amore, un ritorno alle origini umane, a quei sentimenti ancestrali di maternità, paternità, di vita, sembra essere l’unica via luminosa, quella da seguire. Ma sono proprio i bambini che, spesso, ci insegnano la forza, la resistenza, la voglia di andare avanti nonostante tutto. Ecco, forse è qui la vera chiave di volta, nell’essere individuo in mezzo ad altri individui, sentirsi, malgrado il male, parte di un tutto che può donare ancora un futuro.
  

Francesco Aloe, classe 1982,  studioso di letterature moderne e autore di romanzi, è direttore editoriale della collana Versante Est per la casa editrice Delos Digital. Del 2008 è Vertigine, il suo primo thriller, pubblicato nella versione in lingua spagnola e in una nuova edizione italiana nel 2016 da Lettere Animate. Nel 2011 esce per la collana VerdeNero Noir di Edizioni Ambiente Il vento porta farfalle o neve, romanzo d’inchiesta che prende le mosse dai fatti che determinarono la tragedia del Moby Prince.

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