CONGIUNGIMENTO di Ilaria Caffio, una nota di Gianluca Conte su Alimede Poesia

Congiungimento di Ilaria Caffio, Spagine Poesia, Associazione Fondo Verri, 2017

di Gianluca Conte

Verrai ai miei piedi e li laverai- Amore appresso Amore ancora e io chissà cosa farò.
(p. 32)

La Poesia non conosce età. È questo il mantra che dovremmo ripeterci più e più volte, soprattutto quando siamo tentati di giudicare il valore di un’opera con parametri stolidi, come la cosiddetta maturità, che non può mai, in nessun caso, essere data dalla misura anagrafica. Ilaria Caffio, giovane poetessa pugliese, possiede la Poesia. La possiede come la possedeva Rimbaud, Gozzano, Dante, Toma. La Poesia o c’è o non c’è. Non vi è Poesia della giovinezza e Poesia della maturità. C’è solo la Poesia. Congiungimento, opera prima della Caffio, è, a un tempo, un pugnale che trafigge il cuore – nell’accezione cioraniana del termine – e, volens nolens, un pharmakon, una cura del dolore, quest’ultimo inteso come parte irrinunciabile dell’esistenza umana. Ed è proprio dall’umano che irradia la Poesia dell’autrice, a volte foggiando il verso su una consistenza materica, a volte trascendendo l’universo tangibile per navigare in mari pregni di visionaria tragedia, dove un’odissea liquida prende le mosse tra le onde di un indecifrabile Thauma:

«[…] Così si accorciano le lontananze le piogge
si compiono le doglie
e io vorrei sapere tanto tanto
cosa sto facendo qui
al tuo entrare uscire al mio tornare andare
per quasi due secoli – senza estinzione».
(p. 20)

I versi della Caffio, elementali, terragni e siderali, plasmati sine die, appaiono classici, ovvero vivi al di là del contingente, siti fuori dalla nostra attualità claustrofobica. Metafisici (in senso dechirichiano) e a tratti ipercinetici, sembrano sottendere certi dinamismi visivi che incrociano le geometrie umane e ciò che queste diventano interagendo con le estensioni dell’oggettità:

«Tu che conosci angoli e luoghi della mia materia
rassomigli agli antichissimi lastricati delle piazze
scurite
che con insistenza celebro nel cervello». […].
(p. 22)

Il Congiungimento evocato dal titolo, forse, è proprio questo insieme di elementi: non solo, dunque, la Coincidentia oppositorum – Bene/Male, Sacro/Profano, Luce/Tenebra – ma l’alchemica mistura, l’elemento umano nell’universalità dei mondi, il coraggio di guardare oltre il megalite nero dei pitecantropi, che tanto aveva inciso la poetica kubrickiana – «Dal nucleo e dalla sagoma / zampilla lava preistorica». […] (p. 34) e che da questa ha permeato l’inconscio poetico e artistico delle generazioni a venire. Nella presente silloge si incontrano i miti ancestrali, la molteplicità e la complessità dell’origine e della fine del Cosmos, l’universo ordinato in cui l’umano è centro e periferia; altresì fa la sua comparsa il Caos, la tragedia atavica del disordine, mai superata e comunque necessaria. Mondi lontanissimi, tenuti insieme dal verso oracolare, quasi misterico della Caffio, da cui non di rado si diparte una sorta di diagrammaticità imperscrutabile che a qualcuno potrebbe ricordare il disegno bruniano; qui la natura è madre amorosa eppure legata inscindibilmente a Polemos, forza belluina e generatrice, dunque doppia, ma pur sempre vitale. Congiungimento appare un’opera poeticamente esoterica ma che può essere letta – da chi ha occhi per “vedere” – in maniera prelogica, intuitiva, immediata, attraverso una decifrazione emozionale, elemento in grado di creare un legame cruciforme e biunivoco, verticale-orizzontale, nel simbolismo del corpo, dalla testa ai piedi, da braccio a braccio, tra chi ha impresso i versi e chi li legge. Queste liriche respirano terra arcana, primitiva e, proprio per questo, sanno scavare i solchi dell’esistenza universale, sanno essere senza tempo e quindi eternamente presenti o chimericamente assenti e quindi iper-presenti. E poi vi è il senso del dono, l’essere oblativo del verso, un’offerta franca, dolce, disinteressata, un pane prezioso da con-dividere. Infine, dal corpo del mito atavico, inchiodato dalla Caffio sulla pagina, sembrano staccarsi brandelli di un tempo odierno, non cronologico ma pluridimensionale, dove ciò che conta non è il susseguirsi dei frangenti, bensì l’estensione spaziale del tempo. In queste sequenze spazio-irregolari, in queste epoche tangenti, compare la città vivente, simile a un’entità calviniana, un essere tentacolare che arranca tra i fumi dell’acciaio e le piogge di ruggine che paiono sangue, un non-luogo figlio della terra di Puglia dove, nonostante tutto, hanno dimora i sogni, la realtà e, mi piace pensare, anche Congiungimento e la sua autrice.

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Ilaria Caffio è nata a Taranto nel 1991.
È laureata in filosofia, organizza eventi culturali, cura numerosi progetti e le sue poesie sono state pubblicate su diverse antologie.

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