IL DOLORE di Alberto Toni (Samuele Editore)


Il dolore di Alberto Toni (Samuele Editore)


«È l’illusione ottica della vita,
la fantasia che corre e spaventa
i più piccoli per un nonnulla».
(p. 25)


Gli incontri con la Poesia, quando quest’ultima si rivela autentica, mi lasciano sempre esterrefatto, poiché instillano in me dei momenti di lucore cosmico, che mi avvicinano, se possibile (a volte lo è), all’essenza stessa dell’esistere, all’intima condivisione dell’umanità, donandomi momenti di sano disordine spirituale. È il caso de Il dolore di Alberto Toni, Collana Scilla, Samuele Editore, 2016. Si tratta di una silloge densa, in cui i riferimenti esperienziali e individuali sembrano intrecciarsi con l’universale condizione umana, ovvero uno stato transeunte, a tratti effimero, eppure liricamente inarrivabile. I versi dell’autore, maturi, finemente complessi e tuttavia immediati, non lasciano alcun dubbio: ci troviamo di fronte a un’opera di rara profondità, in cui il vissuto dell’autore è compenetrato da un alto senso del poetare: «[...] di là da me troppa la vita o forse muore. Non so. Non / so niente di lui che chiede aiuto. Già fermo, ma non per / qualcosa, / niente di lui che d’un tratto si abbandona a se stesso.» (p. 19). Il fuoco centrale, che dà il titolo alla silloge, il dolore, è un tema incredibilmente teso, rischioso, di rado scevro da ipertrofie melancoliche. In questa silloge Toni sembra discendere, con onestà e grazia, nel profondo del baratro, attraversando una condizione duale, che reca, a un tempo, sofferenza e capacità d’interrogarsi sul senso abissale del male, fino all’apertura verso un certo dinamismo essenziale del vivere ulteriore: «È nel triangolo del cielo, / il centro visto dall’alto / è un punto d’incontro o di deflagrazione». (In avvicinamento, p. 41). Il poeta appare come un equilibrista dell’anima, intento a misurarsi con l’assenza, con la perdita, con ciò che il tempo – cattivo maestro? – non restituisce mai, oppure rende come iper-presenza, come ossessione soverchiante. Tuttavia, in questa raccolta non vi è una capitolazione, bensì un tentativo di conservazione del soffio vitale; si tratta di un cammino scomodo e per nulla certo, ma che vale la pena di intraprendere, cercando il presente, il tempo in cui l’essere non cade nel non-essere assoluto: «Toglimi dal futuro / male, ricrea la verità di sempre, / l’arma / più bella del padre e della madre». (p. 44). Il poeta ha un dono (un castigo?), quello di saper guardare al fondo dell’abisso, alla pena che affligge l’umano, senza voltare lo sguardo: «Li vedevo, loro, mangiati dal tempo, sospesi / tra il vecchio e il nuovo, in cerca di salvezza [...]» (p. 74); ma il dono più grande, per chi come Toni possiede la Poesia, è quello di stringere il lettore in una morsa eccezionale di poetico turbamento, fino a farlo sanguinare. Al di là dello stile, ineccepibile ed elegante, è la pregnanza dei contenuti – di questi tempi sempre più rara – a caratterizzare Il dolore di Alberto Toni come una delle più preziose raccolte poetiche contemporanee; i macro e i microcosmi, il male e il dolore come cifre ineludibili del transeunte, le figure ataviche e invincibili del padre e della madre: tutto l’umano e le sue possibilità, perfino la salvezza, assumono nell’opera dell’autore una necessaria dignità. 




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