Se il libro ammicca al ventre
Al giorno
d’oggi, in ambito letterario, sembrano tutti ossessionati dalla spasmodica
ricerca del nuovo che, troppe volte, fa rima con storie shoccanti, che fanno
impressione, non di rado intrise di scimmiottamenti pulp. Allora se il povero
autore non presenta un testo sconvolgente e pruriginoso, viene relegato in
soffitta, tra il vecchiume del déjà-vu. Ebbene, ci si potrebbe chiedere – e
sarebbe una domanda più che legittima – cos’è o cosa dovrebbe essere davvero un
libro. E come dovrebbe essere una storia raccontata in un libro. Un’idea sana
di cosa sia “libro” potrebbe essere la più ovvia: il racconto di qualcuno che
abbia qualcosa da raccontare. Un’ovvietà, sì. Ben meno ovvio risulta, invece,
raccontare senza voler stupire a tutti i costi. Un libro può essere un buon libro
anche se privo di trovate ad effetto. Un libro non è un film né una striscia di
fumetto. Sono diversi i tempi e gli spazi. È diversa la profondità con cui
vengono caratterizzati i personaggi, sono diverse le modalità d’approccio ad
ogni singolo particolare della storia. Sento già qualcuno replicare che i tempi
(quelli veri) sono cambiati, che il pubblico è smaliziato, che è sempre alla
ricerca della novità che sconvolge, del sangue, delle lamiere contorte dentro
cui s’adagia la morte. Non si spiegherebbe altrimenti la morbosità con la quale
i media danno in pasto a milioni di persone gli episodi di cronaca nera: vere e
proprie rasoiate all’informazione e al buon senso. E poi, nell’era di internet
e dei social network l’idea stessa di libro a molti comincia ad apparire
obsoleta. Se il pubblico dei lettori è colpevole (dai, per una volta diciamo
pane al pane e vino al vino!) di scegliere ciofeche travestite da best sellers,
gli editori e gli stessi autori non sono certo degli innocenti agnellini. Il
circolo in questione è oltremodo vizioso. Abbiamo a che fare con un gigantesco
uroboro senza né capo né coda che tutto inghiotte. In un sistema talmente
malato, è difficile individuare una falla, una perdita, un qualsiasi anello
debole da attaccare.
Rosa Luxemburg diceva che il primo atto
rivoluzionario consiste nel chiamare le cose col loro nome. Dunque, perché non
si può dire che la merda è merda?