L'UOMO PERPLESSO. Viaggio negli abissi di Emil Cioran di Nicola Vacca (Qed Edizioni)

 


L’uomo perplesso. Viaggio negli abissi di Emil Cioran
di Nicola Vacca (Qed Edizioni)

 

 

Io amo gli uomini che cadono,

se non altro perché sono quelli che attraversano.

(F.W. Nietzsche)

 

 

Caro Emil,

portiamo in tasca nessuna verità e la tragedia di essere

nati uomini che cadono sempre nel tempo.

(Nicola Vacca).

 

 

Entrare nelle parole di un outsider del pensiero come Emil Cioran non è cosa da poco, anzi, ben ardua. La sua scrittura è acuminata come un pugnale che buca ogni certezza per approdare alla «negazione totale» delle convinzioni che narcotizzano gli uomini dei nostri tempi. Inoltrarsi nel suo pensiero è un’operazione abissale, che ha tanto il sapore dell’azzardo. Occorre coraggio, dunque, e una buona dose di sagacia, qualità che non mancano a Nicola Vacca, autore e critico dallo sguardo acuto, che ha scritto di Emil già nel 2017, Lettere a Cioran (Galaad Edizioni), e che ritorna, con un libro fresco di stampa, a cimentarsi con il verbum sanguinante dello scrittore e filosofo di Rășinari. L’opera in questione è L’uomo perplesso. Viaggio negli abissi di Emil Cioran, Qed Edizioni, hyle letteratura, 2025, prefazione di Vincenzo Fiore, postfazione di Alessandro Seravalle. Si tratta di un libro snello, che si legge agevolmente, privo di fronzoli e sofismi, e che va dritto al punto: «Quando ne La tentazione di esistere [Cioran] scrive che la vera vita è fuori della parola, lancia una delle sue più intelligenti provocazioni: nonostante la parola ci obnubila e ci domina non siamo giunti al punto di far scaturire l’universo?» (p. 23). Vacca entra in simbiosi osmotica con Cioran, lo legge avidamente, lo assimila come un nutriente, ne assaggia l’opera, mettendo a nudo tutta la potenza dinamitarda e lo straniamento che segue l’immersione nel fondo del mare cioraniano. Tuttavia, l’autore ne serba la profonda umanità, abbracciando con calore il «Cioran-uomo che cade», la persona persa nel turbamento dell’esistere e delle macchinazioni del (presunto) Reale. Lo scrittore gioiese ne coglie le più tenui sfumature, il più intimo sentire: «Per Cioran poesia significa deliquio, abbandono, arrendevolezza al fascino, toccare la corda cosmogonica di ogni cuore» (p. 31) e ancora: «Cioran davanti alle parole si sente un moralista angosciato» (p. 34). Vacca pone l’accento non solo sulla «grande negazione» cioraniana, ma anche sulle incoerenze dell’intellettuale, del filosofo, dell’uomo, che, a ben vedere, ne costituiscono la forza. D’altronde, è proprio di un «maestro del dubbio» come Cioran il paradosso – che, nell’accezione primigenia (pará-dóxa) è proprio quell’andare contro l’opinione comune – distende e mette alla berlina l’incertezza che sembra sottendere l’intero universo. È qui, al cospetto dell’annichilimento del mondano, che, a nostro avviso, l’autore de L’uomo perplesso, raggiunge l’apice della sua riflessione e della vicinanza al grande pensatore romeno: «In Finestra sul Nulla impariamo a conoscere il Cioran che ci regalerà vertiginosi squartamenti; l’uomo inquieto e scettico che si perderà nella tentazione di esistere, cadendo nel tempo […]» (p. 45). Il nulla, questa dimensione (o sarebbe meglio dire «non-dimensione») che da sempre affascina e turba l’uomo, non poteva non intersecare l’opera di un grande pensatore come Cioran, incarnato nel suo tempo e nel suo spazio (eppure, come ci ricorda Vacca, esiliato, apolide, in perenne contrasto col mondo), poiché, secondo quella che Severino chiama la «follia dell’Occidente», noi europei pensiamo che le cose vengono dal nulla e in esso debbano ritornare. Era troppo, allora, il fascino dell’«anti-esistenza» per non toccare le corde di Cioran, e ciononostante, come ben sottolinea Vacca, egli si fa tentare proprio dall’«ex-sistere», dallo «stare fuori» dal nulla, o, più semplicemente, dal vivere. Ma il nostro vivere, per il pensatore romeno, deve essere fuori dall’univocità, dall’unilateralità, da quell’ordine tanto anelato dall’uomo. La sottile lettura dello scrittore gioiese dipana la matassa del pensiero di Cioran, da cui riaffiora l’eterno contrasto tra Cosmos e Chaos, tra sistema ordinato ed entropia. Scrive acutamente Vacca: «Cioran è impregnato di contraddizioni come una spugna: scrive e pensa con la consapevolezza che niente può essere ridotto all’unità. Il caos sta in agguato al mondo a tutti gli angoli» (p. 61). Non credo di cadere in fallo nel ritenere che i due protagonisti di questo intervento, Cioran e Vacca, rappresentino una realtà speculare dello Stare, dell’Esser-ci, per dirla con Heidegger, come negazione di ogni verità preconfezionata. L’uomo perplesso è un’esperienza vivida che ci porta dritti negli abissi cioraniani e ci fa penetrare a fondo nel deflagrante pensiero del pensatore apolide. Lettura consigliata agli amanti di Cioran, ma anche a chi è sempre alla ricerca del libero pensiero.

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