METRICA DEL TEMPO di Adriana Gloria Marigo (Delta 3 Edizioni)
Metrica del tempo di Adriana Gloria
Marigo (Delta 3 Edizioni)
E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Canti di Castelvecchio,
G. Pascoli
Poesia è attitudine
al pensiero difforme
alla frase in orlo che sfrangia
il periodo, o in calce
a chiarire lo scurore //
implica l’asse d’equilibrio
tra mente e cuore.
Metrica del tempo, A. G. Marigo
Incontrare
la Poesia di Adriana Gloria Marigo si rivela, a un tempo, esperienza lirica e
sapienziale. Dell’autrice luinese ho letto molto, stupendomi ogni volta del suo
genio e del suo animo sensibile al sublime. Così, approcciandomi a Metrica
del tempo, Delta 3 Edizioni, 2024, una delle sue opere più recenti, le
aspettative erano alte e, puntualmente, non sono state deluse. Si tratta di una
raccolta esemplare, a tratti sibillina, che conferma – se mai fosse necessario
– lo stato di grazia della poeta. L’opera, suddivisa in cinque sezioni – Ai nomi,
Simplegadi, Monadi, Rifrazioni, Dea dagli occhi frigi
– si mostra al nostro orizzonte di senso attraverso gli emblemi del Logos
poetante, in cui risiede la primigenia cura dell’origine del mondo, anteriore
al dettame filosofico. Nei versi di Marigo niente è lasciato al caso, la parola
è ricercata, soppesata, così come la costruzione delle liriche. Ma questo
certosino lavorio sul verso non deve ingannare, non deve far pensare ad astrusi
artifizi, poiché il suo andare sfavilla di immediata conoscenza del mondo: «Se
nella notte l’universo / amerà d’amore eternale / la vitrea movenza dell’aria /
il mare esulterà domani / festoso nell’ora di sole alta» (p. 32). Certamente,
il verbo dell’autrice è colto, legato all’essenza della grande Poesia classica,
dalla quale sovvengono rimandi universali, affinità elettive di aristocratica
tempra. In questa silloge non v’è nulla di superfluo, tutto sembra essere predisposto
da Ananke: è, dunque, necessario: «È per noi tempo di poco dire / di poco
scrivere» (p. 97). Ecco, l’usus scribendi di Marigo, elegante e «in
sottrazione», è ciò che rende possibile penetrare a fondo la realtà e l’immaginario
dell’esistenza, dove la Physis sconfina nell’indicibile, che solo il
poeta può tentare di dire, tuttavia celandone il fondamento: «Nel tempo che trascorriamo
/ di qua dalle ombre conosciamo / lo spavento della carne […]» (p. 64). Una deissi
panica sembra attraversare la raccolta, inverando la doppia faccia di un mondo generato
nel molteplice – natura naturans e natura naturata – che la poeta
fa assurgere a momento di estrema estasi lirica: «Il chiarore in vasti lembi
notturni / annuncia laudari / di mappe siderali […]» (p. 42). La lettura di Metrica
del tempo non termina con le pagine del libro, ma s’avanza oltre il confine
bianco dell’oggetto per fluttuare nell’aria, come un noûs protostorico
che intende il mondo per intuizione, riuscendo nella conoscenza che affonda le
radici in un thâuma prelogico. La Poesia non ha bisogno di spiegare il
mondo con una ratio scientista, poiché «sente» dalle viscere della Terra
e dalle altitudini sideree, l’«anima del mondo», ne sfiora i più intimi segreti,
che non può rivelare, ma cantare in tutta la loro elevazione, donando al
lettore quel senso d’incompiuto e d’insolito che nutre l’anima. La Poesia di Marigo
mantiene vivo il Mysterium Existentiae, l’elemento inconosciuto e
inconoscibile che salva l’essere umano dalla perdita del caso, dell’incertezza,
in ultimo, del dionisiaco: «[…] la terra interamente illuminata splende
all’insegna di trionfale sventura» scrivevano Horkheimer e Adorno in Dialettica
dell’Illuminismo, mettendo in guardia da un’eccessiva volontà di «capire». Leggere
Metrica del tempo restituisce proprio quell’antico stupor mundi
che sembrava essere sepolto sotto la dura coltre del postmoderno e della
meccanicizzazione del pianeta. Il poeta, da sempre, rappresenta lo scandaglio
dell’umano, il fuoco dello spirito antropico che brucia sotto la cenere. In questo
senso, la Poesia di Adriana Gloria Marigo arde come un pýr antico, che
illumina senza disvelare mai del tutto il mondo, ma alimentando la nostra più recondita
natura.