INTRODUZIONE AL MONDO di Idolo Hoxhvogli (Scepsi & Mattana Editori)
Care amiche, cari amici. Ecco a voi una nuova recensione di Linea Carsica. Buona lettura.
Leggendo
questa Introduzione al mondo (sottotitolo: notizie minime sopra gli spacciatori di felicità) si ha
l’impressione di trovarsi sull’orlo di un precipizio. Soltanto un passo può
decretare la salvezza o la distruzione. Ma forse è possibile stare molto tempo
su quel bordo, in una situazione di limbo permanente. E da lì, da quella linea
rossa, che Idolo Hoxhvogli, giovane filosofo albanese
formatosi alla Cattolica di Milano, scandaglia questa nostra odierna società,
mettendola a nudo attraverso un’analisi tra il serio fenomenologico e il faceto
irriverente. Il libro, suddiviso in piccoli capitoli (chiamarli paragrafi appare
improprio o comunque riduttivo), conduce il lettore in un viaggio per i luoghi
– fisici e mentali – della postmodernità, con una certa verve surreale che
ricorda a tratti Le città invisibili di
Calvino a tratti invece echeggia taluni passi volterriani di corrosiva
resistenza intellettuale, cosa che ci sembra quanto mai necessaria in questo
scorcio di secolo. Dalle pagine dello scritto fanno poi capolino – in
quest’epoca di pazzi (Battiato docet!) non poteva essere diversamente – sia un
distopico amplesso d’emergenza umana di orwelliana tensione, sia l’anormalità
della normalità socio-politica ed economica e le infinite «dis-coerenze» individuali
e collettive. Impossibile poi non pensare alla Libertà dei servi di Maurizio Viroli, quella «non-libertà» che
vuole gli umani fintamente allegri (occorre essere allegri e ottimisti ad ogni
costo, anche quando tutto va a rotoli) e – Marcuse l’aveva detto a suo tempo –
spasmodicamente desiderosi di ciò che non è necessario. Con una
schematizzazione dei dinamismi e degli incagliamenti psicosociali ai limiti
delle esplorazioni artistico-mentali dada, Hoxhvogli non concede tregua al
lettore, se non in alcune accennate carezze piene d’una sentita umanità
(nonostante molti passi acidi, si percepisce al fondo un sentimento
filantropico, o perlomeno, a noi sembra di percepirlo). Sono le carezze della
filosofia, che ancora una volta mette al centro dell’attenzione la natura
umana, pur con le tante aberrazioni e decostruzioni in corso. Sembra fuori
discussione il fatto che il mondo non può più essere interpretato con le
categorie aristoteliche o kantiane, né costruito – la
Arendt lo aveva capito bene – come l’enorme edificio hegeliano. Appare dunque plausibile una
fenomenologia indipendente dai massimi sistemi, come questa imbastita da Hoxhvogli,
al contempo fresca e reattiva, oseremmo dire virulenta. Un’interpretazione che
non lascia certezze ma tanti dubbi al lettore, poche risposte (a noi è sembrato
di trovarne qualcuna) e molte domande: ma non è forse l’interrogarsi la materia
prima di ogni filosofare?