Il senso del vuoto (a Sud di tutto)


Il senso del vuoto, stigmatizzato da Carmelo Bene attraverso il nonsenso e prima ancora da Vittorio Bodini con i suoi versi estremi, disvela le vite salentine sulla calce, sul bianco abbacinante delle costruzioni. Salvatore Toma ha provato a esorcizzarlo attribuendogli una proprietà demoniaca, lasciando al termine “demone” il significato originario greco di  “daímōn”, che aveva un carattere neutro e non negativo; quindi non un attributo del male ma un’aggettivazione scevra da connotazioni nefaste.
Tuttavia, è ineludibile il concetto di vuoto come mancanza-assenza. La discussione può essere portata su un piano geo-umano: la natura dei luoghi incide fortemente, senza ombra di dubbio, sulla psicologia, la socialità e l’arte dell’individuo. Ciò, non come semplice influenza dell’ambiente sull’uomo (che pur esiste), bensì come interazione, come osmosi di valori. L’organismo-ambiente e l’organismo-uomo interagiscono assecondando il flusso di causa-effetto in una condizione di costante cambiamento.
L’essenza dei luoghi, respirata costantemente nel tempo e nello spazio, porta inequivocabilmente l’individuo a diventare un tutt’uno con gli stessi, fino a raggiungere una simbiosi che raramente si riscontra altrove. Questo è valido soprattutto in presenza di siti megalitici, dove l’uomo ha innalzato le sue primissime opere. Stanziando presso i menhir o i dolmen, ci si può accostare sia al valore ipnagogico delle pietre che alla forza movente della natura primordiale. 

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