Se questa è poesia (c'è ancora tanto da dire)

E' davvero sintomatico, quanto significativo (per non dire premonitore!), che proprio in questi giorni in cui abbiamo trattato il tema del "finto intellettuale", sia accaduto un episodio rientrante perfettamente nella casistica. Come nostra abitudine, eviteremo di dare un'identità ai soggetti in questione. Ciò che interessa in questa sede è cercare, per quanto rientra nelle nostre possibilità, di far suonare una sveglia inceppata. La sveglia che possa far destare i giovani. Quei giovani che scrivono di poesia e di narrativa. Quelli che mettono nero su bianco la vita, il sogno, l'amore, il dolore. In due parole: se stessi e gli altri. E perché no: l'universo intero. Ebbene a questi giovani vogliamo dire di rispettare chi prima di loro ha fatto poesia e letteratura, di tenere in conto le opere dei predecessori. Ma punto. Che non si vada al di là dell'interesse (amore?) per le opere. Non vadano in cerca del maestro, del guru che dia loro il via libera alla carriera (!!) cultural-poetico-prosaica.
E una cosa vogliamo dirla anche ai vecchi, a quei mostri sacri che dall'alto del loro essere arrivati vorrebbero fare il bello e cattivo tempo all'infinito, come eterni matusalemme onniscienti. Vorrebbero dire "Tu sì, tu no", come in una sorta di moderno (e orrido) talent show. Chi viene a far poesia, bella o brutta che sia (scusate la rima!), merita rispetto. Rispetto che non significa approvazione. Se uno ha scritto una cialtronata, non gli verrà detto "Bravo, sei il nuovo Eliot!", ma non lo si sottoporrà a una gara per scegliere il miglior poeta o romanziere della serata. Ciò che deve parlare è l'opera di chi scrive, non l'opinione di Apollo capo delle Muse.

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