TEATRO DEL VENTO - Piccola storia di una diversità
Io
vedo quello che succede sulle cime degli alberi, quei tondi pini che arrivano a
sfiorare i tetti delle case. E vedo quello che succede sui fili della luce, dove
spesso le tortore s’adagiano lanciando il loro uh-uh di continua abnegazione. Io
vedo. Ma non lo dico a nessuno. Perché nessuno mi crede quando dico che
comunico con le piante e gli animali. Mi prendono per pazzo. Oppure se ne
escono con il classico sfottò “E chi sei, San Francesco?”. Allora taccio. Ed è
la cosa più brutta che ti può accadere nella vita. Tacere, dico. Una volta
glielo dissi a quello. Gli dissi che stare zitti era la cosa più brutta del
mondo. Lui mi rispose che non era vero. Che c’erano tante cose più brutte al
mondo. La morte per esempio. Che ne sapeva lui di cose brutte. Che ne sapeva
lui che non pensa mai, che ha il cervello di una gallina. Che fai, offendi? No,
non t’offendo. Dico la verità. La verità. Tu possiedi la verità? Ah, ma allora
pensi. Scusami amico, credevo non pensassi. Pensavo usassi solo lo zero virgola
uno delle tue capacità cerebrali. Io vedo, sì. Ma delle volte posso sbagliarmi.
E lo ammetto. Non faccio mica come quelli che dicono sempre tutto bene e tutto
giusto. Se sbaglio lo dico. Io. Ehi, avete visto chi c’è? Lu scemu te
Mombracen! Ma non era Mompracem? Fa lo stesso, sempre scemo rimane. Perché lo
chiamate scemo? Crede di parlare alle piante e agli animali. Embè? Ci sono
tanti altri che con le piante e gli animali non parlano eppure sono molto più
scemi di lui. Tu non puoi capire, quello c’ha il cervello bacato. Eppure a me
sembra intelligente. Sì, come no. Intelligentissimu ete. Non mi sembra giusto
prenderlo in giro solo perché ha una sensibilità spiccata. E poi anch’io ho una
certa sensibilità. Va bene. Vuoi essere suo amico? Accomodati. Io lo scanso.
Ecco, bravo, scansati. Come si chiama? Aldo si chiama. Io vado da lui. E va va.
Farete proprio una bella coppia di matti. Ciao Aldo, sono Roberto. Io vedo
quello che succede lassù, sai? Lo so Aldo. Me l’hanno detto i tuoi amici. Non
sono miei amici. I tuoi conoscenti allora. Non sono nemmeno miei conoscenti.
D’accordo Aldo: quelli laggiù mi hanno detto che tu parli con le piante e gli
animali. Non sono io che parlo a loro, sono loro che parlano a me. E cosa ti
dicono? Mi dicono che gli umani sono troppo stupidi per capire alcunché. Aldo…
non saranno troppo severi sti animali e ste piante? Ma loro mica lo dicono con
cattiveria. Lo dicono per avvisarci che ci stiamo rovinando con le nostre stesse
mani. Già, Aldo. Siamo un’umanità suicida, che pensa soltanto a ciò che non ha
e a come averlo. Sì, vedo che mi capisci. Come hai detto di chiamarti? Roberto,
mi chiamo Roberto. Bene Roberto, se vuoi puoi restare con me. Tra poco le gazze
ladre faranno uno spettacolino sui rami più alti del vecchio pino, quello più
grande, là in mezzo. È il loro teatro. Quello del vento.
Pubbliacato nel numero di domenica 21 luglio 2013 de "Il Paese Nuovo": www.ilpaesenuovo.it