ORIGAMI DI PAROLE di Marcello Buttazzo (Pensa Editore) una nota di Gianluca Conte per Alimede


Origami di parole di Marcello Buttazzo (Pensa Editore)


«Frugherò
fra le pieghe della notte.
E ti vedrò nuda
sulle sempiterne rotte.
Dal tuo seno di latte
berrà il ragazzo
fanciullo».
(p.35)


Marcello Buttazzo, a mio modesto avviso, è forse l’unico poeta lirico vivente che abbiamo nel Salento. Leggere i versi contenuti in Origami di parole, Pensa Editore, 2016, è come trovarsi di fronte alla nudità assoluta di un’anima pulsante, irrequieta, terribilmente e dolcemente amante. Fin dalle prime strofe di questa silloge, la forza dirompente della poesia di Buttazzo penetra gli strati multipli del sentire – «Sulla pietra d’alabastro / danzano / quanti di fuoco» (p.15) – lasciando nel lettore la sensazione di un invincibile quanto dolce straniamento. La musicalità delle parole, fermate in un perfetto equilibrio eppure meravigliosamente dinamiche, accompagna tutta la raccolta, donando, a un tempo, una gioia irrazionale e spontanea e una melanconia irriducibile: «Avrei voluto mangiare con te / la rossa melagrana / nei mattini d’ottobre» (p.24) e ancora: «Ti aspetterò / ai bordi delle strade, / quando il tempo / sarà finalmente / un fanciullo di complicità» (p. 25). Buttazzo si accompagna alla parola, non la tiranneggia ma ne diviene complice, creando infinite dimensioni spazio-temporali che si schiudono su altrettante traiettorie amorose, poiché è l’amore, questa dolce e selvaggia forza, questa primitiva, substanziale energia foriera di turbamento e di mitica, inarrivabile felicità a dominare il mondo poetico dell’autore: «Ricerca / senza fine / dei porti d’estate. / Spazio breve / d’un cielo trasognato, / dove i tuoi occhi appesi / sono stelle / tralucenti d’amore» (p. 31). Vi è nelle presenti liriche un abbandono all’ebbrietà del luogo amante, tradotto dal figurativo-immaginifico del battello, delle stelle, del sole, degli occhi scintillanti e da altro ancora; ove possibile, dai passi incerti – e proprio per questo divinamente radiosi – che l’umano muove verso il proprio destino di animale irrimediabilmente schiavo di Eros; poi la fanciullezza, emblematica età della primavera, del rinnovamento, della rinascita, della vita in tutte le sue radici universali. Un’anima pulsante attraversa l’intera raccolta, che diviene semina e raccolto, calma e tempesta, sole e luna, luce e tenebra. L’armonia dei contrari, sentita d’istinto e d’incanto trova in Origami di parole asilo e dimora, e una magia, libera da qualsiasi retorica versificante, s’eleva dalla terra del verbum di Buttazzo per raggiungere altezze pregne di timidezza, di canto riservato e teneramente appassionato: «Ti ricordo, / che traversi la strada / sospesa ad una nuvola» (p. 59). Il lirismo come profondità e tenera tensione, come attraversamento struggente, che rinvigorisce l’anima amante e sa scagliare frecce di dolcissimo veleno in direzione di chi ama senza riserve, senza risparmiarsi; ecco, per me è questo Origami di parole di Marcello Buttazzo: il fuoco sacro dell’amore, declinato nei modi e nei tempi di un’immensità sconvolgente e inarrestabile, che solo chi ama senza condizioni conosce davvero.


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