IL BISTURI E LA PENNA. Psicorime e narrazioni di Giuseppe Pellegrino (ArgoMenti Edizioni)


Il bisturi e la penna. Psicorime e narrazioni di Giuseppe Pellegrino (ArgoMenti Edizioni)



«Con la scrittura [...]

Si denudano debolezze, si alimentano dubbi,

si criticano convinzioni e certezze, si smascherano

pregiudizi

si analizzano incrostazioni di cultura, schemi e

strutture di pensiero, pubbliche virtù

e privati vizi».

(p.27)



A poco più di un anno dall’uscita di Erotico Caos, libro pregevolissimo per stile e contenuto, torno a parlare, con molto piacere, di Giuseppe Pellegrino, poiché ha dato da poco alle stampe la sua ultima creatura, Il bisturi e la penna, sottotitolo: psicorime e narrazioni, ArgoMenti Edizioni, 2018. Si tratta di un libro davvero notevole, sotto diversi punti di vista. Innanzitutto colpisce il genere scelto, quello dei versi in rima, per comunicare idee e concetti di un certo spessore, sia emozionale che sapienziale; una scelta, quella del verso, oggi inusuale, ma che nell’antichità e nell’età moderna, già a partire da Parmenide, aveva conosciuto i suoi natali e le sue fortune. Lo stile, così fresco e dinamico, mai saccente, borioso o gravoso si sposa bene con il contenuto, vero fulcro dell’opera, coerente con il pensiero dominante del medico e psicoterapeuta salentino, ovvero quello legato a una riscoperta dell’humanitas, questa sconosciuta. A parer nostro, la figura del “medico umanista”, che aveva fatto già capolino nell’opera letteraria di Pellegrino, trova in questo vademecum psico-poetico-filosofico un proprio compimento: un medico non solo intento a una cura fisica, “materiale” del paziente, ma un vero e proprio personaggio empatico, che sappia curare, a un tempo, corpo e mente. Non si tratta soltanto del tentativo di realizzare l’antico adagio mens sana in corpore sano, bensì un tentativo di riscoprire la vastità dell’universo umano, che sarebbe meglio chiamare “multiverso”, anche attraverso l’incontro-scontro con il dolore e il male presenti quotidianamente nelle nostre vite. Quella di Pellegrino non è una medicina palliativa, un tentativo di aggirare l’ostacolo, ma un guardare in faccia i propri malesseri, i propri fantasmi, cercando, per quanto possibile, di tenere sempre a mente che l’esistenza non è monocolore ma iridata, e dove si intravede la fine, spesso vi è uno splendido inizio. D’altronde, è sufficiente leggere la bellissima dedica, in cui spiccano gli studenti e tutti i “professionisti della cura”, per avere una sia pur parziale idea del prezioso contenuto del testo. Inoltrandosi più a fondo nella lettura di questo libro, salta poi all’occhio la vastità di vedute dell’autore, che non limita il suo discorso alla figura del medico, del terapeuta, ma abbraccia in toto la figura del paziente, visto non più come un numero, un mero soggetto cui bisogna dedicare del tempo in via esclusivamente tecnico-professionale, ma come una persona con cui scambiare stati empatici, con cui condividere percorsi esistenziali. Ma l’opera di Pellegrino si spinge ancora oltre, creando una propria, originale fenomenologia dell’esistenza, che va ben al di là del suo lavoro di medico, pur pregnante: l’autore affronta, in maniera sempre verace, a tratti ironica e dissacrante, questioni di etica, di tolleranza, di pluralismo culturale, di ecologia, di «violenza mascherata», di arte e, ovviamente, di filosofia. Diciamo “ovviamente”, poiché l’autore, laureato oltre che in medicina anche in filosofia, ha ben coltivato la sua passione per Sophìa, mostrando di saper coniugare con passione e sapienza, gli antichi pensatori greci a quelli moderni, fino ai contemporanei. Tuttavia, è bene sottolinearlo, non si tratta di barocchi esercizi accademici – cosa che, tra l’altro, il nostro sembra aborrire – ma di ben ponderati approfondimenti riguardanti la psiche umana (stavamo per dire “anima”!), che lasciano ampio spazio per riflettere (e agire!) con l’ausilio delle più belle pagine del pensiero. In ultima analisi, una bellissima prova dell’autore, matura e pluridimensionale. Lasciamo i lettori di Linea Carsica con questi interrogativi, tutt’altro che comodi, suggeriti dall’autore a proposito di etica:



«[...] è sostenibile il relativismo ed ogni estrema

tollerante posizione,

quando la difesa della libertà e della vita è l’oggetto

della questione?



Ma la vita umana è tale sin dal concepimento, quella

intrauterina ed embrionale?

Oppure si intende per vita solo una condizione

d’esistenza esterna e post-natale?

                                                                       (p.91)

Giuseppe Pellegrino, medico chirurgo e psicoterapeuta, ha completato la sua formazione da "medico umanista", come lui stesso ama definirsi, laureandosi in Filosofia.
Professionalmente si occupa di Psichiatria e Psicologia clinica con particolare predilezione ed attenzione ai disturbi d'ansia e dell'umore, oltre alle dipendenze patologiche.
Socialmente impegnato nei vari ambiti della Medicina Preventiva e nella lotta allo stigma in Psichiatria, Pellegrino è convinto sostenitore, mediante la cosiddetta "Medicina Narrativa", dell'integrazione dei saperi scientifici ed umanistici.
Ha esordito, come scrittore, nel 2013 con "Mostruosità letterarie - Diario di autoterapia" (Milella Ed.). Nel 2014 ha pubblicato "Interni d'uomo" (Besa Ed.) e nel 2016 "Assoluto Relativo - Sociopsicofilosoforismi" (Milella Ed.). Nel 2017 ha pubblicato "Erotico Caos" (ArgoMenti Edizioni).


Info sull'autore: http://www.giuseppepellegrino.eu/






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