ACCADIMENTO ONIRICO di Antonio Di Gennaro (Nulla Die)
Accadimento
onirico
di Antonio Di Gennaro (Nulla die)
«Sinora mi ha protetto
la notte,
poi la luce del sole
a ricordarmi che sono.
Il risveglio più amaro
è il sapersi già morto».
(Risveglio,
p. 26)
La poesia può avere varie forme
(infinite?), poiché tanti sono i lineamenti dell’essere e del sentire umani.
Così, accade che il lirismo possa incontrare la riflessione filosofica e
donarci, in maniera osmotica – e rizomatica – un’elevazione oltre i confini
dello scibile terreno. È il caso di Accadimento
onirico di Antonio Di Gennaro, Nulla Die, 2019, una raccolta poetica (in
cui sono presenti anche delle prose) sospesa in una dimensione liminare di
spazio-tempo che, proprio per questa posizione “limbica”, si apre a infinite
possibilità di lettura. Fin dall’incipit, ci mostriamo (Noi, umani) in balia di onde oceaniche, che paventano naufragi e,
forse, considerano la possibilità di salvataggi in extremis: «Noi, / fiore calpestato / dai nostri io [...] poco è bastato/ per regalarci /
un addio / senza promesse...» (Addio, p. 15). Con questa apertura, che appare
un onesto viatico sulla strada dell’incertezza, Di Gennaro sembra invitarci a
un sincero convivio, dove la condivisione degli interrogativi si fa pane della
pluralità: «A chi racconteremo la nostra povertà?» (Forse un Dio, p. 19). Ed è proprio da queste domande, fatalmente
semplici, incredibilmente irrisolte (irrisolvibili?), che sembra muoversi il
poeta e il pensatore Di Gennaro, alla ricerca di nuove espressioni dell’umano e per l’umano, giacché la parola poetica si disvela d’incanto, emergendo
da un abisso incolmabile come l’unica in grado di far incontrare il visibile
con l’invisibile, il conosciuto con l’inconosciuto. Il logos/verbum è “parola
magica”, primitiva, arcanamente potente, che mette in atto una poiesis di un tempo senza tempo, perdutasi
all’alba dell’universo eppure attualissima, genesi tremenda di verità
indicibili, che si solleva dai versi dell’autore, manifestandosi nell’alterità
della parola prossima al silenzio: «Siamo nel silenzio che ascoltiamo, / nella
quiete che non abbiamo.» (Pensieri di un
borghese, p. 23). Ecco, al momento giusto compare la negazione, la
sottrazione, il maltolto. Siamo, esistiamo, viviamo anche – soprattutto? – per/in
ciò che ci manca. E però quel titolo, quel riferimento alla borghesia
(piccola!) potrebbe essere la chiave di volta del Mysterium iniquitatis, oppure siamo noi lettori che, seguendo una
suggestione poetica, vediamo elementi di congiunzione (siano essi reali o
soltanto immaginari). Ma non è proprio questa la grandezza di una scrittura?
Non risiede l’anima profonda del poetare nel creare scompiglio, tensione e, in
ultima istanza, pensiero emotivo, rivoluzione di coscienza? Tuttavia, i versi
di Di Gennaro non si risolvono nell’incontro con l’acre vivere, con il “male
del mondo”, poiché sono capaci d’infinita dolcezza, di quella delicatezza cara
alle anime pure (non caste, non infallibili, non incapaci di errori, non
coerenti, ma pure!), anche quando l’immagine è intrisa di dolore: «Sorridevi / come soltanto / una bambina che
ama / può fare». (p. 27). Il poeta unisce il bianco al nero, la luce alla
tenebra. La chiosa dolorosa (non ve la anticipo, leggete, ve ne prego, questa
splendida lirica) nulla toglie all’intima figurazione della dolcezza, di quell’antica
tenerezza che le grandi anime conoscono. L’autore ha posto l’amore sopra ogni
cosa e, così facendo, ha “salvato” il Bene, la “parte buona” del cuore, poiché
il dolore del finale non offusca “il sorriso della bambina che ama”. Ecco,
quell’immagine rimane, il poeta l’ha salvata per sempre. E noi gli siamo grati,
perché in questi tempi bui e mostruosi, abbracciare la dolcezza, farsi prossimi
agli altri, è l’unica cosa che ci può fare restare umani.
Lettura consigliatissima.
Antonio Di Gennaro, saggista e studioso del pensatore romeno Emil Cioran. Ha recentemente curato i volumi: L’intellettuale senza patria (2014), Vivere contro l’evidenza (2014), Al di là della filosofia (2014), Tradire la propria lingua (2015), La speranza è più della vita (2015), Un’altra verità (2016), I miei paradossi (2017), Tra inquietudine e fede (2017), Itinerari di una vita. L’apocalisse secondo Cioran (2018), Dio e il Nulla. La religiosità atea di Emil Cioran (2019, con Pasquale Giustiniani), L’insonnia dello spirito (2019).