LO SCRIGNO DELLE SEGNATURE. Lingua e poesia in Giorgio Agamben - a cura di Lucia Dell'Aia e Jacopo D'Alonzo (Istituto Italiano di Cultura per i Paesi Bassi)




Lo scrigno delle segnature. Lingua e poesia in Giorgio Agamben a cura di Lucia Dell’Aia e Jacopo D’Alonzo (Istituto Italiano di Cultura per i Paesi Bassi)



In questa pregevolissima raccolta di saggi a cura di Lucia Dell’Aia e Jacopo D’Alonzo, viene esplorata una parte essenziale della dimensione “poetica” di Giorgio Agamben, uno dei più grandi filosofi viventi (non solo italiani). L’autore di capisaldi del pensiero come Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita e Nudità, fa dono, per l’occasione, di un suo scritto che apre il libro, dal titolo alquanto emblematico, Porta e soglia. Si tratta di un viaggio attraverso il senso linguistico-semantico dei termini, che sviluppano, nel corso del tempo, diverse accezioni di significato. «Il termine ‘porta’», scrive Agamben, «ha due significati diversi, che l’uso comune tende spesso a confondere. Esso designa da una parte un’apertura, un adito e, dall’altra, il serramento che la chiude o la apre». Con questa sostanziale ambivalenza, il filosofo ci invita al cominciamento di un percorso riguardante la poesia davvero affascinante e complesso, in cui la riflessione speculativa e il metodo dell’indagine linguistica si fondono egregiamente. A questo proposito, Lucia Dell’Aia, nella prefazione, esordisce così: «Che la poesia canti ciò che si perde è profonda convinzione di Agamben, secondo cui il mitologema originario della poesia è la memoriale conservazione della voce nella lettera e in essa ciò che ha luogo è il divenire di una memoria». Tali affermazioni sembrano quasi delle “benedizioni” che i lettori ricevono prima di mettersi in cammino verso una meta difficile e, per certi versi, lontanissima. Ancora Dell’Aia, nella Postilla a Porta e soglia di Agamben, sottolinea, consegnandoci immediatamente un chiarimento sul titolo dell’opera, che «Il lettore potrà qui riconoscere nella porta ciò che nel metodo agambeniano si definisce una segnatura, ovvero uno spazio di significato storico della parola che, senza uscire dal semiotico, subisce una serie di spostamenti e di dislocazioni». D’altronde, è proprio della ricerca di Agamben l’impegno per decifrare i “segni storici” della ragione (che spesso sono dei veri e propri enigmi), e questo fin dalla abissale ricerca che egli ha affrontato in Homo sacer. Scrive la curatrice del libro: «Chiedendosi di che cosa sia fatta una immagine, intesa come un fantasma o uno spettro, Agamben sostiene che essa sia precisamente una segnatura, cioè è caratterizzata da quei “segni, cifre o monogrammi che il tempo scalfisce sulle cose”, pertanto il suo essere è sempre “intimamente storico”». Tante le suggestioni contenute in quest’opera, dove ai puntuali interventi dei curatori si aggiungono quelli di Roberto Talamo, Carlo Salzani, Vittoria Borsò, Paul Colilli. È bene mettere in evidenza che il presente scritto rappresenta un valore aggiunto per gli estimatori del grande filosofo, poiché, come viene giustamente ricordato in quarta di copertina, la maggior parte degli studi che riguardano il percorso agambeniano sono rivolti agli aspetti politici del suo pensiero. Un lavoro come questo, che pone al centro dell’attenzione le sue idee poetiche, costituisce indubbiamente un’operazione originale – e ben riuscita – utile ad ampliare gli orizzonti della profondità di Agamben.

Lettura fortemente consigliata.

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