LAICITÀ DELLO STATO a cura di Giorgia Carluccio (Mimesis Edizioni)




Laicità dello Stato a cura di Giorgia Carluccio (Mimesis Edizioni)







In questa pregevolissima miscellanea di saggi, curata da Giorgia Carluccio, è presente un quadro chiaro e approfondito della società contemporanea, i cui aspetti peculiari come la frammentarietà e il cambiamento sono affrontati con attenzione e sagacia. È proprio in tale contesto socio-antropologico, ricco di possibilità ma spesso caotico, che si muove l’analisi contenuta nel libro, relativa al tema della laicità. Gli autori – oltre alla curatrice sono presenti Vito Fabio Urso, Katia Rossi, Donata Milloni ed Eleonora Augruso, prefazione di Gianna Borghini – procedono coerentemente, con metodo, in direzione del nucleo fondante la ricerca, poiché alla base di questi studi viene a situarsi un giusto intendimento del termine “laico”, che sovente ha dato origine ai più disparati fraintendimenti, uno su tutti, quello che vuole il concetto di laico in posizione antitetica a quello di sacro. Ed è qui, in questa dualità, che si innesta una delle idee più brillanti dell’opera, ovvero la riscoperta della sacralità della vita in sé, al di là degli orientamenti sociali, politici, religiosi. Un discorso complesso e affascinante, quello sulla laicità sviluppato in Laicità dello Stato, che interseca, oltre alle questioni di carattere filosofico, anche problematiche concernenti gli ambiti  politici (in senso lato), legislativi e giuridici. In un paese come l’Italia, che avverte più di altri la complessità del confronto con la tradizione religiosa (anche in ragione del Concordato), l’affermazione di un percorso di laicità dovrebbe essere un argomento di dibattito, poiché è da un approccio di questo tipo che può prendere il via un’apertura verso questioni mai del tutto pacificate – come dimostrano gli ultimi accadimenti socio-politici – tra cui il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, il testamento biologico, i diritti delle persone non eterosessuali e altri punti di scottante attualità, resi ancora più urgenti dalla composizione multietnica, multiculturale e multiconfessionale della società attuale.



Scrive Gianna Borghini nella prefazione (p. 8):

«Il dibattito sulla laicità, in Italia, si è acceso prevalentemente attorno alla necessaria regolamentazione di alcune usanze delle comunità mussulmane in contrasto con le norme anche penali dei paesi occidentali, fra i quali:

  • la presenza o meno di simboli religiosi negli edifici pubblici di proprietà statale;
  • la pratica dell’infibulazione;
  • l’usanza di poligamia;
  • l’uso del burka che impedisce l’identificazione della persona che lo indossa andando contro i principi di ordine pubblico e di sicurezza».



La presente opera, dunque, pone l’attenzione su come vi sia una necessità di chiarezza rispetto al modo di intendere e di praticare la laicità che è non solo di carattere filosofico-speculativo, ma anche socio-ambientale e pratico-organizzativo. Le questioni poc’anzi sottolineate, lungi da essere soltanto delle problematiche “concettuali”, hanno delle ripercussioni “materiali”, concrete, sulla vita quotidiana di un numero altissimo di persone, ragion per cui è bene riflettere – il senso profondo di questo libro è proprio questo – su come sviluppare una sensibilità laica capace di favorire comportamenti non pregiudizievoli e irrazionali ma centrati sulla razionalità, sulla condivisione, sulla partecipazione, sul rispetto e, in ultima analisi, sull’amore.



Per un giusto approccio a questa macro-questione, è bene andare all’origine del termine “laico”, poiché, se la parola è l’espressione di una società – in quanto manifesta i sentimenti, le ragioni, le istanze, la sensibilità degli esseri umani – ciò riveste un’importanza capitale.



In questo senso, è illuminante la lettura di Giorgia Carluccio, che nella sezione di Laicità dello Stato intitolata Laicità, religione e società: il problema della secolarizzazione in Max Weber e in Peter L. Berger [Laicità, religione e istituzioni], scrive (p. 33):



«Il termine “laicità” deriva dal tardo-latino laicus e dal greco λαϊκός (“del popolo, profano”) e indica la condizione di chi è laico. A sua volta il termine “laico” come sostantivo ha due diversi significati e cioè: laico in quanto membro ordinario del popolo di Dio e distinto dal sacerdote e laico come soggetto tipico della società moderna occidentale “portatore di principi-valori (detti appunto laicità), elaborati essenzialmente a partire da una emancipazione/esonero dai principi-valori-ordinamenti della Cristianità (P. De Marco, Guardare al Crocifisso in Europa [...])».



Ed è proprio a quest’ultimo passaggio che dovremmo riservare maggiore attenzione: uno Stato laico, libero da ingerenze di qualsiasi tipologia e da pregiudizi, non può crescere che partendo da “principi-valori” che pongano al centro le donne e gli uomini, al di là dei credi, delle ideologie, degli schieramenti politici e degli orientamenti sessuali. Il termine “laico” dovrebbe essere sinonimo di “razionalmente libero”, sia in senso politico-sociale sia in senso filosofico, ed essere associato a una condizione di piena autonomia individuale e collettiva nei confronti della sfera ideologica e di quella religiosa. Si tratta, quindi, di un’apertura ai più vari panorami dell’esistenza, slegati da qualsivoglia tipologia di autorità di stampo ecclesiale. Il laico, quindi, si pone in una posizione di non accettazione passiva di qualsivoglia struttura impositiva derivante da dogmi e principi confessionali, impostando il proprio pensiero e la propria condotta su principi dettati dalla ragione, dal diritto, da una cultura ampiamente partecipativa e dischiusa al confronto e al dialogo.

Su queste solide fondamenta di laicità si reggono anche l’etica e la morale non religiose, con tutti i comportamenti che da esse derivano. Il che, è bene specificarlo e sottolinearlo dovutamente, non innesca un’equivalenza, come purtroppo accade, tra i termini “laico” e “anticlericale” o “laico” e “ateo”. Quest’ultimo, infatti, rappresenta un uso improprio del termine, poiché, come sopra ricordato, “laico” è ciò che non è legato a vincoli di carattere confessionale e dogmatico.



In tal senso, la Carluccio (pp. 40-41), ci rammenta le “azioni sociali” indicate da Weber, che proprio all’interno di un “senso laico” sono da intendere:



«L’agire in società è l’agire verso gli altri individui, non semplicemente insieme con o sotto la loro influenza, e comprende le azioni che cadono all’interno della sfera personale di chi agisce. I quattro tipi di azione sociale individuati da Weber sono:

  1. azione razionale in rapporto a un fine;
  2. azione razionale rispetto a un valore;
  3. azione affettiva;
  4. azione tradizionale».



Risulta chiaro ciò che agli autori, tra le altre cose, preme di sottolineare, ovvero lo stretto connubio tra “laicità” e “razionalità”. Uno Stato e una società laici sono auspicabili non perché, come spesso viene affermato, la sfera religioso-spirituale sia anacronistica, ma perché avere delle istituzioni prive di ingerenze confessionali favorisce la crescita di individui e società liberi, aperti e propensi all’ascolto, all’accoglienza, al miglioramento.



Lettura molto consigliata. 









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