INTERVISTA ALLA POETESSA CLAUDIA DI PALMA


Care amiche e cari amici di Linea Carsica, di seguito vi proponiamo un'intervista alla poetessa Claudia Di Palma, una delle voci più interessanti della poesia contemporanea. Buona lettura.


Intervista a Claudia Di Palma

 

  1. La sua poesia, a nostro avviso, appare ieratica, votiva, a tratti spirituale, eppure è legata alla terra in maniera straordinaria. Può illuminarci rispetto a questa “armoniosa dicotomia” che percorre l’intera raccolta?

Come in alto, così in basso. Come in cielo così in terra. L’armoniosa dicotomia che percorre la raccolta è un tentativo di dire l’armonia contrastata che percorre l’uomo e l’universo. Ho accostato poesie fortemente spirituali e religiose a poesie ‘immonde’, poesie che invocano Dio e poesie che nominano i rifiuti, gli avanzi, i bidoni dell’immondizia. Mi sono chiesta qual è la differenza tra un oggetto buttato, abbandonato nella spazzatura, e un corpo abbandonato (e penso al grido del Cristo sulla croce, Elì, Elì, lemà sabactàni?). Ecco, forse siamo tutti corpi abbandonati… Dobbiamo accettare la nostra finitezza, la nostra caducità, per poter risorgere da questo abbandono. Dobbiamo vivere appieno il corpo, trovare qui dentro, nella materia, la forza spirituale.

 

  1. I versi di Atti di nascita hanno una forza penetrante come, del resto, anche quelli della precedente raccolta. Lei ha la capacità di mantenere costante il pathos, senza tentennamenti; tuttavia, proprio questa sicurezza lascia trasparire il tormento dell’anima, lo sfinimento di una ricerca a tratti mistica. In tal senso, sorge spontaneo chiedersi qual è il suo rapporto con la tradizione religiosa.

È un rapporto difficile, una relazione complicata, mai chiaramente definita. Sono sicuramente credente e penso di essere cristiana. Tuttavia, non sono una persona particolarmente religiosa e non frequento la Chiesa. Sono attratta da tutti i “folli di Dio”; penso che la follia dei mistici sia l’unico modo di avvicinarsi a questa entità paradossale, questo infinito, che io provo a percepire attraverso la scrittura. A volte sfioro l’eresia. In Altissima miseria scrivo che Dio è misero e perso (“Misero e perso Dio, ti accolgo, / ti restituisco il dono della creazione”); nell’ultima raccolta paragono la nascita all’Esodo, il grembo materno all’Egitto (“Nascere / è ancora una volta abbandonare l’Egitto”). E alla fine del libro scrivo che l’altrove è immondo, che sono gli scarti a porgere l’altra guancia e a perdonarci… (“Quando le cose perdono la loro identità / vengono qui, nel bidone dell’indifferenza. / Porgono l’altra guancia […] / e ci perdonano”).

 

  1. La poesia viene spesso indicata come l’unica arte capace di toccare la verità o perlomeno di “sentirla”. Qual è il suo pensiero in proposito?

Non penso che la poesia sia l’unica arte capace di toccare la verità. Se è possibile toccare la verità, allora tutta l’arte è capace di questo contatto. Forse, però, quello che cerca di fare la poesia (e qualsiasi altra forma d’arte) è toccare la vita, il sogno, non la verità.

 

  1. Leggendo Atti di nascita un’altra, fondamentale domanda, ci ha attanagliati: qual è il suo rapporto con il sacrificio?

Atti di nascita è un libro sull’abbandono: l’abbandono del Cristo sulla croce, che è il più grande sacrificio per i cristiani, l’abbandono e la separazione dei corpi, l’abbandono delle cose. Io penso che il sacrificio sia questo abbandono. Anche la scrittura è un sacrificio, un sacro abbandonarsi alle parole.

 

  1. In passato lei ha avuto diverse esperienze teatrali e tuttora è spesso impegnata in attività performative. Come vive tutto ciò rispetto alla poesia?  

Ho iniziato a scrivere poesie mentre lavoravo come attrice a teatro. Per me le due cose sono strettamente legate. La poesia, come il teatro, esiste quando c’è uno spettatore, qualcuno che guardi attentamente le parole. Leggere è questo, guardare. E le parole sono gesti attoriali, azioni, corpi che si muovono nello spazio della pagina.

Spesso scrivo ad alta voce, come fossi in scena, guardo negli occhi uno spettatore immaginario. Mi piace dire le parole, non soltanto scriverle. Le parole dette sono più belle delle parole scritte.




Claudia Di Palma, nata a Maglie nel 1985, vive e lavora a Lecce. Tra le sue esperienze più importanti si annovera la passione per il teatro. Ha collaborato con "Astragali Teatro" (2005) e "Asfalto Teatro" (2006/2012) e attualmente collabora con la compagnia teatrale "Suddarte". Nel 2016 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Altissima miseria (Musicaos Editore), ricevendo diversi premi e riconoscimenti (Vincitrice del Premio Nazionale di Poesia "Luciana Notari" nella sezione "Opera prima", Finalista Premio Gradiva-New York, Finalista Premio Internazionale di Letteratura "Città di Como", Attestato di Merito al Premio Internazionale di Letteratura Alda Merini - Brunate, Vincitrice del Premio speciale del Presidente della Giuria del Concorso "Interferenze" indetto da "Bologna in Lettere", "Medaglia d'onore" al Premio  Internazionale di poesia "Don Luigi  Di Liegro"). Nel 2021 ha pubblicato la raccolta di poesie Atti di nascita (Minerva Edizioni). È presente nell'antologia poetica Il corpo, l'eros (Giuliano Ladolfi Editore, 2018), nell'Almanacco di poesia italiana Secolo Donna 2019 (Macabor Editore), in Maternità marina (Terra d'ulivi edizioni, 2020) e in diverse riviste, tra cui “Atelier”, “Gradiva”, “Le Voci della Luna”. Le sue poesie sono state tradotte in inglese e in spagnolo. Fa parte della piattaforma europea di poesia "Versopolis" e della redazione del lit-blog "Poeti Oggi".

 


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