SOSPESA FRA DUE MONDI di Laura Bertolini (MdS Editore)
Sospesa
fra due mondi di Laura Bertolini (MdS Editore)
«Mary ha seduto l’anima
e barattato un dollaro
per del tabacco secco.
Una libbra d’ignoto i suoi occhi,
le sue gambe che spezzano
una gonnella d’avorio».
[...]
(Bottom of the Hill, p. 30)
A distanza di tre anni, ovvero dalla
pubblicazione della sua interessante raccolta I colori dentro, torno a parlare, con molto piacere – e anche con
un pizzico d’orgoglio per averci visto giusto – di Laura Bertolini, che proprio
quest’anno ha dato alle stampe la silloge Sospesa
fra due mondi, MdS Editore. Si tratta di un lavoro denso, maturo, che si
apre su scenari smisurati, come smisurate sono le lande americane, le distanze
tra Vecchio e Nuovo Continente e, soprattutto, le praterie interiori
dell’autrice. Un lavoro che sembra affondare le radici in una sorta di realismo
magico, frutto di uno stretto contatto con la terra e con i suoi abitanti
primitivi, come i nativi americani; ma anche con tutti gli elementi naturali –
organici e inorganici – di cui è costellato il nostro universo: «La mia riva è
una pianta / di linfa assorbi-colore, / gli astri sanno tutto / dei miei deliri
di radici». (Lepre in fuga, p. 16).
Una “poesia del profondo”, che non si limita alla descrizione di paesaggi e
stati d’animo, ma penetra in profondità i luoghi, che diventano metafisici,
assoluti e, proprio per questo, paradossalmente vicini e segnanti: «Non posso
dirvi niente / delle foreste sradicate, / dell’acqua nei cannoni / sparati sui
nativi, / degli occhi che sanguinano, / degli occhi che guardano». (Non ho più parole, p. 20). Dai versi di
questa silloge traspare non solo l’anima poetante dell’autrice, che rifulge di
purezza antica, ma anche una coscienza civile, che tuttavia non sosta nel luogo
comune del J’Accuse, ma è cum patior, vicinanza materico-misterica,
introiezione dinamica del dolore, pharmakon
biunivoco: «Le stelle si spengono, / sacri fiumi salgono, / io sono con loro /
e loro mi salvano». (Thanksgiving, p.
28); in tal modo, il divenire delle parole della Bertolini si avvicina al mondo
punk, alla strada, e i versi radicali dell’autrice riportano alla mente certi
scambi autenticamente solidali, come il «Chew your meat for you» Drain you dei Nirvana, quel gesto
genitoriale, intimo, del “masticare la carne per qualcuno”, che accomuna
l’umano all’animale, e l’oggi a un remoto ieri. D’altronde, l’anima musicale
dell’autrice si declina anche attraverso dei rimandi intuitivi, a tratti
sincronici, e il «passivo-aggressivo» della summenzionata lirica Lepre in fuga può divenire, nella mente
del lettore, il Passive Aggressive
dei Placebo. Più volte, nei miei interventi, ho sottolineato che, una volta
nato, il libro sfugge al controllo dell’autore, dando origine a una miriade di
possibilità di lettura; ma ciò succede con le opere che hanno davvero qualcosa
da dire, e che proiettano il lettore in zone pericolose e tuttavia preservate
da una profonda onestà intellettuale: «Sei un delitto per fame, / un martello
di voci, / un corridoio senza chiavi». (Posseduta,
p. 55). Laura Bertolini è dotata di una grande forza visionaria, nel senso che
sa cogliere le manifestazioni del reale al di là della coltre dell’apparenza;
come tutte le grandi anime cela dentro di sé qualcosa di speciale che, per
nostra fortuna, sembra voler condividere nei suoi versi. L’autrice, scevra da
fittizi voli pindarici, abbraccia il senso concreto delle cose, liberandolo
dall’aridità del post-modernismo e consegnandolo a un’ancestrale e magica autenticità:
«In questo mio antenato presente / legato da ragioni terrene, / si sfalda e
sanguina ciclicamente / la sinapsi tra il muscolo e la mente». (Moon, p. 62). Ed ecco giungere ancora
l’eco dell’intimismo musicale, dove il verso gioca con le figure immortali
della poesia e del lirismo: «L’albatro riannoda, / chiuso in un armadio, /
tutto quello che avevi / dimenticato». (Diomedea,
p. 68); così, l’essere Sospesa fra due
mondi, non è solo la frase che dà il titolo alla pregevolissima opera della
Bertolini, né il trovarsi ontologicamente e metafisicamente nel mezzo di
qualcosa di grandissimo, ma è anche abbracciare L’albatro di Baudelaire e Close
to me dei The Cure; il tutto, sentendosi perfettamente a proprio agio.
Auspicando vivamente che i lettori possano
incontrare la poesia di Laura Bertolini, voglio salutarli con alcune parole,
davvero significative, dell’ultima lirica presente in questa pregevolissima
raccolta, intitolata I libri: «I
libri che ho finito, / quelli che non ho aperto, / le note scritte dentro, / la
mia generazione, / le copertine di cartone / col prezzo scritto in lire. /
Avevo sette anni, / ne avevo ventisette, / avevo ed avrò sempre / De Saint
Exupery».
Laura Bertolini è nata a Cecina nel 1978. Dal 2009 Vive a Davis in
California, dove trascorre la maggior parte dell’anno. Ha al suo attivo
decine di readings di poesie in Italia e negli Stati Uniti che le hanno
valso premi, citazioni e pubblicazioni su riviste specializzate. Nel
2017 con la poesia Posseduta ha vinto il concorso di MdS Editore, Dipendenze per la sezione poesia.