NEI TUOI ARCOBALENI e altre poesie di Marcello Buttazzo (I Quaderni del Bardo)
Nei
tuoi arcobaleni e altre poesie di Marcello Buttazzo (I
Quaderni del Bardo)
«T’aspetterò
sulle strade
oltre i deserti
dell’insoddisfazione
per sentire battere il tuo passo[...]»
(XIII, p. 25)
Appena iniziata la lettura di questa
pregevolissima silloge, Nei tuoi
arcobaleni e altre poesie di Marcello Buttazzo, I Quaderni del Bardo, 2019,
ho avuto l’impressione di intraprendere un cammino attraverso luoghi
dell’anima, poiché l’autore, persona schiva e autentica, ha impresso sulle
pagine ciò di cui è difficile dire: amore, spazio, tempo, dolore, piacere. Sono,
queste, parole “impressionanti”, a ben vedere. E Buttazzo, compagno dei fiori e
degli uccelli, con una delicatezza a volte amara a volte deliziosa, prende per
mano il lettore e gli dona un viatico sempiterno: «Come perenne cammino / sui
viali di rose effimere, / come sospeso destino / sulle strade di incerta
rincorsa, / come sogno continuo / di là delle scure nubi [...]». (I, p.13). Così, il verbum comune, il logos
colloquiale, assume nelle liriche in questione una valenza alta, e la chimica
ancestrale del dare, del donarsi poetico oltre i limiti della tensione,
ritrova, nel terzo millennio, ancora linfa vitale. All’alta vena dei versi, delle immagini,
dei rimandi emozionali, Buttazzo unisce la cura per la scrittura, mai banale e
sempre scrupolosa, dove ogni parola appare necessaria e insostituibile: «[...]
T’inseguirò / fra i tramonti aranciati / quando nel cielo / respireremo /
rigagni di vita. / Ti aspetterò / all’alba / per strada, / quando il mattino /
sarà finalmente un fanciullo / di complicità». (IV, p.16). La poesia de Nei
tuoi arcobaleni commuove e penetra a fondo nell’animo, e non solo per le
figurazioni struggenti, per l’immaginativo che si lega strettamente al
sentimento del tempo, della fugacità, dell’irraggiungibilità del compimento,
sia esso amoroso o progettuale, ma anche per la scelta delle parole, che
poc’anzi ho sottolineato: Buttazzo ha il coraggio di amare il lessico, di tenere
alto il registro dell’insieme terminologico, donando al lettore la sensazione
di trovarsi di fronte a un poeta vero, che non si limita a cogliere quel
chimerico flusso di coscienza (cosa sarà mai tale forma sciamanica di
scrittura?), ma s’impone la ricerca, l’opera certosina del grande autore che
insieme all’emozione fa olocausto del suo tempo, ponendo attenzione alla
sintassi dei periodi, alla musicalità del verso, alla perfezione della forma:
«Attendere la sera / senza lame nel cuore, / senza paura nel petto. / Attendere
la sera / e la sua tenue mantiglia. / Non verranno / cupe ombre di rimembranza
/ né strette catene di costrizione / a guastare i miei anni [...]». (XXI, p. 33). La straordinaria bellezza
dei versi di Buttazzo, la genuinità e l’intensità del suo sentire poetico,
fanno di questo immenso poeta un autentico presidio vivente del nutrimento
spirituale e culturale. Buttazzo, come già ricordato, è persona umile e,
proprio per questo, dotata di una spontanea autorevolezza, derivante non solo
da una costante ricerca e dalla lettura approfondita dei grandi poeti ma anche
dal suo esemplare stare al mondo. Non è opera del caso, dunque, se dall’autore
origina un lirismo meraviglioso, colmo di lieve densità: «Presto, / un fremito
sul tuo volto. / Un eloquio divino / sul tuo labbro squisito [...]» (XXV, p.37); «[...] Ogni giorno /
calpesto la strada. / Ai bordi dei crocicchi / fanali / nel mio immaginario. /
Ogni giorno / t’incontro / all’incrocio dei venti [...]» (XXVII, p.39); e ancora: «Usciremo / con l’anima desta / ad
abbracciare il mondo, / a ricercare / quel granello / che è ragione di tutte le
cose [...]» (LI, p.53). L’unione
dell’individuale e dell’universale: ecco, quelle rare, rarissime volte in cui
ciò avviene, ci troviamo di fronte al nettare divino della poesia, quella
autentica. Così, la «ragione di tutte le cose» diviene la nostra ragione,
quella dell’umano, che trova nel canto dei poeti un briciolo di divinità.