STANZA D'ANIMA di Maria Grazia Palazzo (Collettiva Edizioni Indipendenti)
Stanza d’anima di Maria Grazia Palazzo (Collettiva Edizioni Indipendenti)
qui la terra è fatica maledetta, ché
torna a svegliare, interrogare la pelle,
e lascia un segno lungo fino al ventre
ed ogni tessuto molle risponde a reazioni
anche involontarie, che possono inghiottire.
(31, p. 53)
«Non
è vero che la poesia sia intraducibile. È traducibile, in questo senso, che ha
continuamente vari significati» afferma Franco Fortini in un’intervista
rilasciata per il sito web, specializzato in poesia, La presenza di Èrato.
Nella stessa intervista, il poeta parla di come convenga scrivere semplice,
poiché ci penserebbe la stessa poesia a complicare le cose. Dunque, semplice
non equivale a facile, aggiungiamo noi. Tali riflessioni hanno fatto prepotentemente
irruzione, nella calma forzata dell’ultimo periodo, leggendo Stanza
d’anima di Maria Grazia Palazzo, Collettiva Edizioni Indipendenti,
2022. Questa pregevole silloge, a mio avviso, si eleva a opera complessa, a
tratti dura e spigolosa: «tu che giochi con la polvere da sparo, / testa in
giù, come un baro con l’amore» (11. alla pancia del tamburo, p. 25), oppure
si fa madre ancestrale e fonte di richiami, riportandomi alla mente Charles
Baudelaire; non sembra casuale, infatti, la scelta della dedica alla seguente
lirica: «il pianeta alla corda da tempo, pare / sia venduto, addestrato,
acquistato» (13. allo spleen, p. 28). Se la poesia, come ogni altra
opera d’arte, una volta creata non è più soltanto dell’autore ma di coloro a
cui è destinata, allora mi prendo la libertà di leggerne le profondità secondo
il mio sentire, ponendo innanzi al lettore un’idea di poesia civile ed
ecologista, dove le sorti dell’essere umano e della Terra si incrociano
inesorabilmente. Come già prima il rimando al grande poeta francese costruiva
connessioni di senso, così alcuni passi, veramente interessanti, sembrano
accarezzare le nuove idee generazionali di emancipazione e attenzione verso ciò
che ci circonda, di cui, lato sensu, la giovane attivista Greta Thunberg
rappresenta una propaggine di una sapienza più antica. La poesia, come ben
dimostra l’autrice, non è avulsa dalla realtà, di ieri e di oggi, né dal
politico-sociale evocato nelle immagini del quotidiano e della memoria remota,
se, come voleva Aristotele, l’uomo è un animale politico. D’altronde, in tal
senso, la nostra tradizione è lunga e lusinghiera – tra tutti Pasolini,
Scotellaro, Buttitta. Tuttavia, nonostante l’asprezza di inquieti passaggi, Stanza
d’anima tiene in grembo il valore assoluto dell’esistenza, di là da ogni
“ismo” teso a conformare e ingabbiare: «[…] il femminismo non esisteva, regnava
sacra un’armonia / forse ho sognato che / si viveva come / in una stanza /
d’anima» (18. pp. 34-35). Ecco, un logos celato sembra sottendere questi
componimenti scevri da piaggeria: sebbene le dure circostanze della vita
mettano a dura prova i nostri giorni, nelle parole dell’autrice troviamo sparsi
segni di resistenza, come nei bellissimi versi dedicati a Simone De Beauvoir:
«non essere mai candela che riflette /luce d’altri» (22. p. 40), in cui
traspare apertamente la volontà dell’autrice di incoraggiare chicchessia a
essere sé stesso. E se, come affermava Antonio Gramsci, «Chi vive veramente non
può non essere cittadino e partigiano», credo che Maria Grazia Palazzo abbia
fatto tesoro di questa suprema lezione dell’intellettuale e antifascista per
antonomasia, rendendo chiaro e visibile tutto ciò che avvilisce la persona,
l’identità, i diritti e tentando una via in direzione del riscatto, poiché,
instaurare tramite la scrittura un rapporto diretto con l’altro è uno dei
grandi meriti dell’autrice di questa silloge. Tutti noi, prima o poi, andiamo
incontro alla sofferenza (individuale, sociale, civile), per i più svariati
motivi, eppure, immergendomi nelle pagine di Stanza d’anima, mi è parso
di ritrovare le origini della nostra Terra – senza nessun campanilismo di
facciata – e del nostro essere comunità. Non solo, riemerge il collante che
tutto unisce: la bellezza, da ricercare ovunque, anche nei luoghi in cui non
sembra avere casa. Mi sia concesso poi un pensiero, del tutto personale: questa
raccolta, a mio parere, nasconde qualcosa di strepitoso, è come se leggendola
pian piano lo spirito ne traesse una forza misteriosa, quella data dal “Vero” lirico,
ossia dall’autenticità del lampo poetico e, nel caso specifico, dal non
considerare gli esseri umani come monadi isolate. La poesia ha questa facoltà:
dire l’indicibile e dirlo per intuizione, entrando, dunque, nel recondito senso
delle cose e affrontando di petto, senza esitazioni e senza sconti,
l’esistenza: «so bene d’essermi ferita / in questa vita necessaria, / e che
ogni vera partita / ha ingranaggi perfetti / di silenzio e di resa […]» (29. alle
ferite, p. 50). La fatica, il dolore, l’amore, la musica, la guerra –
splendida la lirica dedicata a Gino Strada (p. 36) – la resa, la resistenza
poetica e civile: Stanza d’anima è un viatico essenziale, senza
fingimenti, come le «mani callose» ricordate dall’autrice (33. ai dolori,
p. 59), che dicono tutto pur rimanendo in silenzio. Maria Grazia Palazzo parla
la lingua dei poeti, a volte manifesta a volte sibillina, con onestà
intellettuale e amore per la lingua. Di questi tempi una vera fortuna o, se
volete, una manna caduta dal cielo.
Maria Grazia Palazzo è nata in valle d’Itria a Martina Franca (Ta) nel 1968 e vive a Monopoli (Ba) da 15 anni. Ha una formazione umanistica, giuridica, teologica. Ha esercitato la professione di avvocata (dal 1992 al 2015). Con la maternità adottiva, ha intrapreso un nuovo percorso di studi tra teologia e studi di genere. Ha pubblicato in poesia: Azimuth (2012) con LietoColle, In punta di Piedi (2017) con Terra d’Ulivi, Andromeda (2018) con i Quaderni del Bardo, Toto Corde (2020) con la Vita Felice. Sogna di riprendere a viaggiare e a mettere in salvo alcuni progetti di contaminazione tra saperi e pratiche artistiche.