ARTE DELLA NAVIGAZIONE NOTTURNA di Adriana Gloria Marigo (CAOSFERA)

 


Arte della navigazione notturna
di Adriana Gloria Marigo (Caosfera)

 

 

Brillerà fra le tenebre la tua luce

(Isaia 58, 9-10)

 

 

nella quadreria di lago la luce

non teme il giogo della distanza//

il genio dell’azzurro svanente

disfa l’ombra dell’assenza.

(Arte della navigazione notturna, A. G. Marigo p. 43)

 

 

A dispetto del titolo, Arte della navigazione notturna di Adriana Gloria Marigo, Caosfera, 2022, opera di poesia eccelsa – impreziosita dagli scritti di Gianpaolo G. Mastropasqua e Silvio Raffo e da un’opera dell’artista Patrizia Coccon Kovacs contenuta all’interno del libro – è un bagno di luce adamantina, che rifulge alta nella costellazione inarrivabile dei grandi classici, dove abitano Omero, Esiodo, Ovidio, Virgilio, Dante, Petrarca, Leopardi. Non sembri ardito questo accostamento (per i retrivi, chiarisco che tale operazione è scevra da qualsiasi tentativo di comparazione docimologica, che risulterebbe oltre che stucchevole anche inutile) poiché è giunto il momento del coraggio, l’attimo di dire pane al pane e vino al vino e pronunciarsi, apertis verbis, circa il percorso di questa straordinaria poetessa e intellettuale, che ha scritto mirabili pagine di poesia «pura», libera da qualsiasi concessione alla pletora di amanti del mainstream e della faciloneria e all’attualità intesa, in senso nietzschiano, come asservimento ai tempi correnti. Una poesia sine die, dunque, quella della Marigo, che richiede un approccio alla lettura incondizionato, riflessivo, intuitivo. La cura del verso, l’uso di lemmi ricercati ma mai artefatti, la magia iniziatica di messaggi affatto oracolari, la sensazione di potenza e di giubilo che emana dalla costruzione semica, la maestosità apollinea e l’inquietante incanto dionisiaco dell’Io poetico, tutto appare levarsi in direzione di altezze siderali ed eterne: «sul potere del giorno / s’insedia / il mistero della notte […]» (p. 18) e ancora: «è l’inventarsi figura di nube / quel volare bianco genito d’aria […]» (p. 27). Entrare nelle pagine di quest’opera significa aprire mens e anima a un universo sterminato, e intraprendere un lungo viaggio nel Cosmos e nel Caos, perdersi in dimensioni temporali altre, andare alla ricerca, come Argo, di qualcosa di indicibile e misterico o incontrare il Vacuum, l’elemento primordiale che spaura: «è cadere // lento / infinito // il vuoto in cui svaniamo» (p. 29). La parola dell’autrice non ha paura di indagare le zone oscure dell’umano, dove aleggiano le ombre e i fantasmi, ridonando valore alla catarsi aristotelica e allo spirito della tragedia greca, in cui vi sono agone e caducità: «si contendono persino l’aria / il respiro breve delle cose» (p. 31). Ecco, la Marigo sembra intendere l’antica forma delfica del Logos, per poi tradurla magistralmente nei suoi versi. Essere capaci di guardare in fondo all’abisso, come voleva il filosofo di Röcken e, al contempo, di elevarsi verso vette cristalline, senza il timore di conoscere il Vero: è questa relazione tra luce e ombra che rende giustizia alla speme antropica e che rende unici gli uomini, invidiati perfino dagli stessi dei per via del loro destino di esseri transeunti. Non bisogna temere, dunque, il lato oscuro dell’esistenza né rinnegarlo, poiché, può essere nascosto solo con l’artifizio, ma presto uscirà di nuovo allo scoperto, né ancora cercare di superarlo con stratagemmi utilitaristici e tecnici: «tutto intorno s’esprime d’ombra // grava l’immagine più della parola / ora che il tempo snuda l’inganno» (p. 37); d’altronde, «[…]la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura» scrivevano Horkheimer e Adorno in Dialettica dell’illuminismo.

L’auspicio poetico dell’autrice appare un inno alla forza, intesa come capacità di rinascimentale memoria, di rendere l’uomo autore del proprio destino, di trovare il varco, la via e di rinascere, fenice di fuoco, dopo un tempo di desolazione: «di tutto il perfettibile mondo / forse vedi la faglia di luce […]» (p. 41). Vi è altresì in quest’opera della Marigo l’eidos del legame tra la luce e il silenzio, come testimonia la scelta del lemma «sotòportego» o la sacralità della voce verbale «officia» (p. 49), giacché la luce, in talune circostanze, può essere insolita e solenne, come in una visione trasfigurante. Ma la luce può accordarsi all’ombra (p. 50), esiliare la «chiara sostanza» (p. 51), essere «cruda» (p. 52) o cedere all’azzurro la sua «corte» (p. 53). Leggere Arte della navigazione notturna di A.G. Marigo è come farsi accompagnare dalla luce nel bel mezzo dell’oceano, che sia il sole, la luna o le stelle, lo scintillio dei versi dell’autrice rischiarerà la mente e il cuore del lettore.

 

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