LA MALATTIA DELLA POESIA DA TASTIERA
La malattia della poesia da tastiera Ormai a tutti viene riconosciuto con estrema facilità il titolo di poeta: è sufficiente scrivere qualcosa di carino o melodrammatico (magari carico di un certo struggimento) e, naturalmente, andare a capo, come se l’ ars poetica – con buona pace di Orazio – fosse alla portata di chiunque tenga un diario personale (che, per nostra sfortuna, a un certo punto decide di rendere pubblico). Il danno proviene da due orizzonti di pseudo cultura, in perfetta sintonia egoica: da un lato vi sono i vidimatori, coloro i quali attestano che il tal dei tali è un poeta, dall’altro vi sono quelli che accettano di buon grado (e senza provare la minima vergogna) di farsi cingere il capo d’alloro. E non sia mai che qualcuno metta in luce tale malcostume, si corre il rischio di essere tacciati di superbia, accademismo ed elitarismo. Insomma, la poesia è di tutti e tu non sei nessuno per mettere il bastone tra le ruote ai neòteroi da tastiera. Tipica la do